Cgil e Cisl vanno caute e aspettano i partiti

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È necessario, ha detto ieri la leader della Cgil Susanna Camusso, «cambiare idea sulla questione dell’articolo 18 per una ragione di diritto e una ragione di giustizia sociale». Il sindacato, insomma, pare non mollare la presa sulla riforma del lavoro, anche se queasto non significa una smentita della linea Bersani. Anzi. 
La segretaria della Cgil ha parlato ieri intervenendo alla presentazione del libro di Stefano Fassina, responsabile economico del Pd e portatore massimo della linea Bersani: il Pd, d’altronde, oggi pare essersi riunito compatto sulla linea del segretario, e gli unici malumori a questo punto potrebbero venire solo dalla Cgil. Ma Camusso per ora attende, e però torna a segnalare i pericoli insiti nella riforma: sul fronte dei licenziamenti la Cgil ritiene una violazione del diritto il fatto che si introducano «sanzioni diverse per le stesse illegittimità », violando il principio che la legge è uguale per tutti. Sul fronte della giustizia sociale, «non si può dire che la priorità  per lo sviluppo possa essere quella di licenziare illegittimamente e ingiustificatamente con più facilità ».
Il governo, conclude la segretaria Cgil, deve decidere se vuole essere equilibrato o attaccare solo la condizione dei lavoratori: «gli farebbe bene» cedere sull’articolo 18. La leader della Cgil ha voluto comunque ribadire che contro le modifiche all’articolo 18 la Cgil «continuerà  la sua battaglia». 
Anche la Cisl si mantiene cauta, e attende di vedere quello che succederà  sul tavolo dei partiti: il segretario Raffaele Bonanni chiede al Parlamento di «non stravolgere l’impianto e l’equilibrio della riforma» del mercato del lavoro ma anche di introdurre nelle controversie sui licenziamenti economici «maggiori garanzie per i lavoratori in caso di licenziamenti fraudolenti e senza reali motivazioni di natura economica», adottando il modello tedesco e quindi la possibilità  per il giudice di decidere la reintegrazione nel posto di lavoro in caso di licenziamento giudicato illegittimo. 
«Noi pensiamo che il governo abbia fatto bene a scegliere la strada del disegno di legge – ha spiegato ancora Bonanni – perché il Parlamento potrà  valutare con maggiore libertà  e responsabilità  il contenuto dei provvedimenti, ascoltando durante tutto l’iter legislativo anche il parere del sindacato. Noi abbiamo impedito che succedesse quello che è accaduto con la riforma delle pensioni, dove è mancata una discussione approfondita, lasciando centinaia di migliaia di lavoratori cosiddetti “esodati” senza salario e senza pensione. Sul mercato del lavoro il confronto non è mancato e la riforma è sicuramente frutto di una mediazione tra le parti. L’importante è non stravolgere l’impianto e l’equilibrio della riforma. Occorre chiarire meglio alcune questioni delicate, come la parte dei licenziamenti economici, introducendo maggiori garanzie per i lavoratori in caso di licenziamenti fraudolenti e senza reali motivazioni di natura economica, adottando fino in fondo il modello tedesco».


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