C’era una volta il Belpaese

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Ora l’Istat, con i dati del censimento della popolazione, ci dice che non è una bizzarria: ci sono altre 71.100 persone che oggi in Italia vivono così. Sono tre volte più di dieci anni fa; messi tutti insieme, fanno una baraccopoli con la popolazione di Pavia o Cosenza. Le case che potrebbero ospitarli ci sono, ma sono vuote: ci sono 2 milioni e 700 mila abitazioni in cui non sono registrati residenti; solo l’83% delle abitazioni è occupata da persone residenti (proprietari o in affitto). Molte sono nuove: negli ultimi dieci anni sono state costruite oltre un milione e mezzo di nuove abitazioni. Il Belpaese si è coperto di cemento, ma il mercato immobiliare è stato incapace di costruire case per chi ne ha bisogno. Si sono moltiplicate le seconde case, i capannoni spesso vuoti, l’abusivismo, con l’effetto di una diffusa devastazione del territorio e del paesaggio.
Molte case sono rimaste vuote per l’emigrazione, quella degli italiani. Il 60% dei comuni del Sud e delle Isole ha visto diminuire la popolazione. Tra i comuni della Basilicata solo 17 hanno avuto un aumento della popolazione, 114 hanno perduto abitanti. Nelle regioni dove l’unica industria in crescita è quella dell’economia criminale, i giovani – specie quelli più qualificati – se ne vanno, verso il Nord, verso l’estero. E dove la popolazione cresce è il risultato dell’immigrazione straniera, quasi due milioni in mezzo in più, pari a tutto l’aumento rispetto alla popolazione di dieci anni fa. 
Un aumento presente nel centro-nord e concentrato nelle zone industriali: nella Brescia della metalmeccanica gli immigrati sono oggi il 16% della popolazione.
È la fotografia di un paese che sta male, peggio di dieci anni fa. Le periferie, le zone interne si spopolano, riflesso di un’economia che s’impoverisce, di occasioni di lavoro perdute, di imprese che chiudono. I centri maggiori crescono soprattutto per nuovi abitanti che sono tra i più poveri: immigrati italiani dal Sud e immigrati stranieri: operai in imprese che pagano salari troppo bassi e “badanti” che rattoppano un sistema di welfare pubblico che – taglio dopo taglio – ha abbandonato chi ha bisogno di assistenza. Un Paese in cui la casa non è più un diritto, ma una merce lasciata alla speculazione. Non è un paese per giovani, non è un paese per vecchi. È quanto ci lascia un decennio dominato dallo strapotere del privilegio.


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