Censimento 2011, sessanta milioni e sempre più immigrati

by Sergio Segio | 28 Aprile 2012 7:34

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ROMA – Sessanta milioni. O quasi. Sempre più multietnici, mobili, conviventi e non sposati, riuniti in famiglie piccolissime, in un’Italia ogni giorno più densa di cemento, ma dove oltre settantamila madri, padri e figli hanno come tetto una baracca, una roulotte, un’auto, una tenda, o, può capitare, anche una grotta. Censimento 2011, il quindicesimo dal 1861 ad oggi, ritratto di un’Italia inquieta e mutevole attraverso i primi dati dell’Istat. Un paese con più donne che uomini, dove i bambini, quando nascono, hanno genitori immigrati, e le città  oscillano tra il modello “megalopoli”, Roma, che divora le sue periferie con oltre due milioni e mezzo di abitanti, e il micro borgo, sette comuni su dieci, dove la popolazione non raggiunge i cinquemila abitanti.

Un’Italia con la demografia che cambia, e così i modi di vivere, dice il presidente dell’Istat Enrico Giovannini, perché «dopo quasi vent’anni di stagnazione la popolazione è cresciuta del 4,3% anche se per effetto esclusivo degli stranieri, e se ci sono comuni che perdono abitanti, altri invece ne guadagnano, ma certamente c’è una forte mobilità ».

Giovani e non giovani in cammino, famiglie che si spostano, si insegue il lavoro, si fugge dallo smog, gli italiani “migrano” dal centro alla periferia, dal Sud al Nord, gli immigrati invece mettono radici…

LA POPOLAZIONE Il 9 ottobre del 2011, giorno a cui si riferiscono tutte le rilevazioni del censimento, la popolazione italiana conta 59.464.644 individui, di cui 28.750.942 uomini e 30.713.702 donne. La popolazione femminile dunque supera quella maschile di 1.962.760 individui: in media ci sono 52 donne ogni 100 abitanti. Dal 1861 ad oggi, anno del primo censimento, la popolazione italiana è triplicata, passando dai 22 milioni dell’unità  d’Italia ai quasi sessanta milioni del 2011.

Dopo stagioni di crescita vicina allo zero, in questi ultimi 10 anni, cioè dal 2001 ad oggi, la popolazione è salita del 4,3% ma unicamente grazie ai figli degli immigrati. Soprattutto nel Centro Nord dove il 70% dei comuni ha avuto un incremento demografico, all’opposto del Sud dove il numero dei residenti è sceso nel 60% dei comuni. In totale in 10 anni il numero dei residenti in Italia è di 2,5 milioni di persone in più.

LE FAMIGLIE Aumentano ma diventano più piccole le famiglie italiane. Sono passate da 21.810.676 del 2001 alle 24.512.012 del 2011, ma il numero medio di componenti è sceso da 2,6 a 2,4. Vuol dire che globalmente la popolazione aumenta ma le famiglie si “polverizzano”, si frammentano, gli anziani vivono da soli e nelle coppie raramente ormai nasce più di un bambino. Ma accanto a questi numeri macro, c’è un dato significativo e allarmante diffuso ieri mattina dall’Istat: nel nostro paese ci sono oltre 71mila famiglie che vivono in baracche, roulotte, auto, e in altri alloggi di fortuna. Il numero di chi non possiede un tetto è triplicato rispetto al 2001, quando queste famiglie erano 23.336. Un “aumento vertiginoso” lo definisce Istat, e dietro questi numeri c’è tutto il dramma di un’Italia sempre più povera. «Casa e lavoro sono alla base della dignità  di una persona e senza casa è difficile trovare un lavoro», ha commentato infatti l’arcivescovo di Genova, riferendosi al dramma di chi vive, ancora oggi, sotto un tetto di lamiera.

LE ABITAZIONI La fotografia dell’Istat, capillaree certosina, dimostra che in questi 10 anni una nuova cementificazione selvaggia ha violentato l’Italia. Ecco i numeri. Nel nostro paese ci sono 14.176.371 edifici, l’11% in più rispetto al 2001, e 28.863.604 abitazioni, il 5,8% in più rispetto al precedente censimento. In 10 anni sono state costruite 1.576.611 nuove case, un vero assalto alle campagne, alle coste, ma soprattutto ai terreni agricoli attorno alle grandi città . Con la creazione di intere aree di nuova urbanizzazione, quartieri fantasma e senza servizi, con migliaia di case invendute e sfitte.

GLI STRANIERI È con l’immigrazione che davvero cambia il volto dell’Italia, come sottolineano i primi dati di questo La popolazione è cresciuta del 4,3% dopo vent’anni di stagnazione soprattutto grazie agli stranieri in moltissime città  del Centro Nord nuovo censimento. La popolazione straniera abitualmente dimorante nel nostro paese è cresciuta di tre volte, passando da 1.334.889 immigrati censiti nel 2001, a 3.769.518 del 2011. Gli stranieri rappresentano oggi il 6,4% della popolazione italiana, una crescita impetuosa, soprattutto grazie alle nuove nascite che hanno riportato in positivo il saldo demografico.

Due stranieri su tre vivono al Norde in particolare nel Nord-Ovest dove oggi si concentra il 36% degli immigrati. «La situazione italiana – scrive l’Istat – si avvicina sempre di più dunque a quella dei paesi con una forte tradizione di immigrazione».

I COMUNI È Roma il comune con più abitanti d’Italia, con 2.612.068 residenti, mentre il primato di quello più vuoto, con sole 30 anime, va a Pedesina in provincia di Sondrio. Il comune più densamente popolato è Portici in provincia di Napoli, 12.311,7 cittadini per chilometro quadrato. Rognano invece, in provincia di Pavia, detiene il primato di un aumento del 220,% di nuovi abitanti, al quale si contrappone Paludi in provincia di Cosenza, con il più forte calo demografico in dieci anni, 41,2% in meno le persone residenti.

GLI SCOMPARSI All’esame del censimento mancano un milione e 300 mila italiani. Sono i “non trovati”, abitanti presenti nelle anagrafi comunali, ma scomparsi dal territorio. Persone che hanno cambiato la loro dimora abituale senza comunicarlo ai comuni, gente trasferita all’estero, che ha mutato indirizzo, luoghi, città …

Di fatto missing, almeno per il censimento del 2011.

LA FAMIGLIA Rosaria Di Guglielmo e i suoi tre bambini sono stati accolti nel campo rom di via Bonfadini, nella periferia Sud di Milano vicino all’Ortomercato Gli edifici sono aumentati in modo impressionante e così le case Sono state create aree di nuova urbanizzazione con quartieri fantasma senza servizi STA alla lettura e all’ideologia di ognuno, naturalmente, decidere se questa “contaminazione” dall’esterno sia minacciosa o promettente. Certo è un fenomeno oramai strutturale (gli stranieri erano il 2,4 per cento della popolazione totale nel 2002, oggi sono il 6,34), e così “italiano” che risulta difficile, per chi ha meno di quarant’anni, immaginare o ricordare un’Italia senza stranieri, senza asiatici, africani, slavi, arabi.

Il censimento, per altro, conferma in modo inoppugnabile che l’immigrazione è anche un termometro implacabile del benessere economico di un territorio: due stranieri su tre vivono nel Nord Italia, nelle regioni dal reddito più alto e dal tessuto economico più sviluppato. L’assenza di immigrazione è segno chiarissimo di gracilità  economica. Anche questo dovrebbe insegnarci ad accogliere gli stranieri, quando bussano alla nostra porta, come una buona notizia.

Terzo colpo d’occhio: il cambiamento delle famiglie. Il loro numero è aumentato (i nuclei familiari censiti sono circa 2 milioni e mezzo in più rispetto al 2002), ma le dimensioni sono più ridotte: 2,4 il numero medio dei componenti (era 2,6 dieci anni fa). Influisce fortemente sul dato la frammentazione del concetto stesso di famiglia: le famiglie allargate sono illeggibili dalle statistiche, ma si moltiplicano con il forte aumento di separazioni e divorzi. Così che il concetto stesso di “nucleo familiare” perde progressivamente senso, e i 2,4 componenti di ogni nucleo non riflettono la densità e la varietà  dei rapporti, anche coabitativi, tra persone non più facilmente definibili come membri di questo o quel nucleo. Si pensi, per esempio, ai tanti figli di separati che sono censiti in una sola casa, ma vivono abitualmente in due case. Quarto e ultimo colpo d’occhio: sono aumentati in modo esponenziale, rispetto al censimento di dieci anni fa, i residenti in Italia che dichiarano di abitare in baracche, roulotte o tende. Da 23 mila a 71 mila. È uno dei contraccolpi più vistosi, anche se quantitativamente meno rilevanti, dell’immigrazione, dell’aumentato ingresso di nomadi e dunque di poveri, che ci rimettono di fronte a immagini anche estreme di indigenza e di disagio sociale.

Un piccolo grande cortocircuito storico, che rende a noi coeve situazioni da dopoguerra, rifugi di fortuna e villaggi di lamiera che sorgono nel fango e tra le erbacce delle periferie urbane, questua diffusa, grande difficoltà  di integrazione e di scolarizzazione. L’Italia è stata, per moltissimi arrivati da lontano, un approdo dignitoso e un progetto di vita. Per pochi è un parcheggio precario, una parentesi di stenti. È importante, ed è anche civile, che il quindicesimo censimento nazionale sia una fotografia così grande, e così minuziosa, da essere riuscita a inquadrare anche le baracche,i camper arruginiti, i tetti di lamiera, le vie di terra battuta dove i bambini giocano con niente, come è pratica diffusa nelle infinite lande povere del pianeta.

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