by Sergio Segio | 1 Aprile 2012 8:17
Macchè Port’Ercole! Palo, suvvia. Sarebbe morto a Palo, e nemmeno Palo Alto, ma bassissimo, Palo che oggi sarebbe poi, Ladispoli, che, senz’offesa, non è poi proprio un luogo così chic, per chiudere una vita sensazionale! E dagliela! Ancora un’ennesima notizia «scandalistica», sulla morte del «bandito Caravaggio», uno scoop da servire caldo, al finire dell’anno anniversario. Ma possibile che si tratti sempre di lui, uomo mediatico par excellence, dimenticato per secoli (sino all’agnizione medianica di Longhi ed amici) e trasformato immediatamente in un magnete di colpi teatrali e di riscoperte talvolta-flop?
Ma possibile che non si scopra mai che Giotto, in realtà , era una casalinga del Casentino, che si firmava con un nome da uomo, come George Sand, oppure che Fra Bartolomeo avrebbe smesso di dipingere, non suggestionato dalla prediche di Savonarola, ma perchè scappato con un pirata saraceno? Niente, solo Caravaggio. Ma converrà non scherzarci troppo. La «nuova» che trapela dalle agenzie, ed annunzia pure un volume edito da Paparo editore, Michelangelo Merisi, tra arte e scienza (ci sono di mezzo 18 tra restauratori, radiologi, medici e diagnosti) non è poi così nuova. Come il nome autorevole dello studioso dell’Università di Napoli, con un cognome addirittura di allure pontificia, quale Vincenzo Pacelli, (ha già ritrovato il Martirio di Sant’Agata) e da anni si occupa degli ultimi istanti di Caravaggio (per esempio in un suo titolo, già riassuntivo: L’ultimo Caravaggio. Il giallo della morte. Un omicidio di stato, 2002). Ma è sin dal ‘94, che egli sostiene la tesi avvincente che Caravaggio non sarebbe morto, romanticamente, sul lido di Port’Ercole, trascinando drammaticamente la sua malaria di abbandonato, in attesa d’avere la grazia del Papa, e vedendo sfuggirgli la feluca, con sopra le tre tele destinate al suo mecenate cardinal Scipione Borghese, nipote di Papa Paolo V. Tutto da rifare: le vignettistichevedute della pittura Ottocento. Il film di Derek Jarman e gli sceneggiati Tv. Le grottesche ricerche recenti delle sue ossa, sotto la spiaggia turistica, addirittura sepolto, per la gioia dei Voyager televisivi, dentro il mantellone dell’ordine di Malta. Che invece l’aveva radiato e certamente spogliato d’ogni simbolo ufficiale. Niente di tutto questo: Ladispoli! Secondo altre versioni, già avanzate, egli sarebbe morto a Palo (un nome che i curiosi di Caravaggio conoscono bene, perché lì c’era un feudo d’un altro protettore, l’Orsini, e soprattutto la certezza documentale che vi fosse stato imprigionato). Certo, le contraddizioni non mancano. Se è vero ch’egli viene da Napoli e cerca l’assoluzione a Roma, ma perché questo detour impazzito verso la Toscana, come avendo perduto ogni bussola? Eppure è noto ed assodato che molti documenti coevi, del 1610, per esempio quello dell’amico poeta Marzio Milesi, danno per certo che egli sia morto a Port’Ercole, ed è questa la notizia che, da Roma, raggiunge pure il Duca di Urbino, che è in attesa spasmodica d’una sua opera, avendo già versato un acconto e dunque vuole esser messo al corrente di che è successo. Ma è anche vero che l’archiatra del Papa, Giulio Mancini, che s’è occupato della biografia del Nostro, e con meno partigianeria di altri, in origine, su un suo documento, aveva vergato il nome, poi cancellato di Palo (altri diceva Procida) come luogo di morte, e sostenuto che si trattava di una morte violenta (come quella del suo concittadino Polidoro da Caravaggio, morto in effetti ammazzato).
A piedi da Palo sino a Port’Ercole, malato per di più e tra paludi invalicabili, ma perché sii domanda il Pacelli? E perché non s’è trovato più nulla, nessun parente o protettore ha chiesto di ritrovare il corpo, e soprattutto, chi mai, in puro stile Codice da Caravaggio ha cancellato la parola Palo, nel manoscritto del medico-biografo, che non pare aver manifestato nessuna curiosità clinica sulle ragioni della scomparsa, e forse aver sottoscritto questo «omicidio» di Stato. Perché la tesi di Pacelli, probabilmente suffragata da altri documenti, rispetto al suo libro del 2002, «che fu accolto nel più assordante silenzio», è che si sia trattato d’un delitto di stato, da parte dei potenti dell’Ordine di Malta, che vedevano di malocchio questo personaggio pericoloso. E forse temevano anche la possibile grazia del Papa, pilotato dai patiti dell’artista? Si attendono nuove testimonianze.
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