Capo di Stato e Fratello musulmano una Incognita sul Futuro dell’Egitto

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Quindi, non dovrebbe stupire che la Fratellanza abbia deciso di indicare un proprio candidato per il voto delle presidenziali, previste il 23 e 24 maggio prossimi. Comprensibile anche la scelta del numero due del movimento, Khairet el Shater, un ricco imprenditore nel mondo dell’informatica. Di sicuro l’annuncio indica la frenetica avidità  dei fondamentalisti, che vogliono tutto il potere dopo decenni di vessazioni, esili, lunghe detenzioni spesso preventive. Ma indica anche laceranti contraddizioni, che rivelano le paure di quelli che sono ormai la riconosciuta maggioranza del Paese. 
Prima di tutto, i vertici del partito avevano detto che non avrebbero indicato propri aderenti per la candidatura a capo dello Stato: si sarebbero accontentati di votare un buon musulmano, anche appartenente a un’area politica diversa, e magari liberale. Ecco perché si era pensato che i più moderati avrebbero sostenuto l’ex ministro degli Esteri ed ex segretario della Lega araba Amr Moussa, gradito ai laici e all’Occidente. Poi la Fratellanza si era indignata perché alcuni dei soci, contrari alla rinunciataria volontà  del partito, avevano deciso di staccarsi e correre da soli. Infine, sabato, la sorpresa: la Shura ha scelto il proprio candidato, ma con un voto risicato: su 108 votanti, 56 a favore, 52 contrari.
La ragione del braccio di ferro, tutto interno al potere politico emergente dell’Egitto, è stato spiegato come una risposta ai militari di Hussein Tantaoui, onnipotente leader delle Forze armate, ritenuto dai ragazzi di piazza Tahrir il nuovo nemico, dopo la defenestrazione del presidente Hosni Mubarak, che conoscerà  la sua sorte all’inizio di giugno.
La decisione di Tantaoui di restituire l’onore politico al progressista Ayman Nour, permettendogli di candidarsi, ha complicato ancor più il quadro. Ecco perché i Fratelli musulmani sono corsi ai ripari, nella speranza che l’indicazione del partito sia sufficiente ad abbattere tutti gli ostacoli. Calcolo azzardato, perché i candidati alla prima carica dello Stato potrebbero essere addirittura 500, e a quel punto conteranno la compattezza delle alleanze ma soprattutto la popolarità  dei candidati. Risultato, quindi, per nulla scontato.


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