by Editore | 19 Aprile 2012 7:25
ROMA — Tutto è pronto per la mobilitazione unitaria dei sindacati che sfocerà nello sciopero generale della seconda metà di maggio. Il segretario della Cgil, Susanna Camusso, riceverà oggi il mandato del direttivo per avviare una piattaforma comune con Cisl, che ieri ha avviato le proprie iniziative, e Uil. Parole d’ordine: lavoro, crescita e fisco. Non convince la «fase due» espressa dal governo che, secondo il leader del maggior sindacato, non sembra essere vicino ai bisogni degli italiani.
Ma come segretario? Il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, sarà il primo esponente del governo a andare a spiegare una riforma del lavoro in fabbrica, lunedì, all’Alenia di Torino: non le sembra la ricerca di un dialogo?
«No, penso che sia una scelta molto discutibile. Veramente molto discutibile».
Non dovrebbe andarci?
«Ritengo che ognuno abbia i suoi ruoli che bisogna mantenere e rispettare. Io ci vedo della supponenza in questo gesto, una sorta di “vengo io che così gliela spiego la riforma, perché voi non sapete fare il vostro mestiere”. Mi pare la sua una logica di sfida».
Il premier Mario Monti nella premessa al Documento economico finanziario scrive che «il disagio occupazionale tocca direttamente o indirettamente quasi la metà delle famiglie italiane».
«E’ impossibile non sapere che in ogni famiglia c’è disagio. Il risparmio sta diminuendo, i consumi pure, la povertà è in crescita, cala la fiducia, c’è disperazione. Poi però non basta dire: “Capisco”. In concreto che si fa?».
C’è un’«Agenda per la crescita sostenibile» presentata dal ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera. E’ la «fase due»…
«Non riesco a avere la percezione di un cambio di passo. Si è rinviato troppo: la fase della crescita sarebbe dovuta andare insieme con quella del rigore e della crescita. Perché il rigore da solo ha effetto recessivo/repressivo e produce la richiesta di altro rigore».
Lei si aspettava un’«ideona» per la crescita?
«Dico solo che non si può continuare a pensare che le riforme strutturali siano quelle che metteranno in moto lo sviluppo. La crescita si misura sull’aumento dei posti di lavoro e qui invece, lungi dall’invertire l’attuale tendenza, non la si è nemmeno arrestata».
C’è aria di sciopero generale, segretario?
«C’è un’interlocuzione interessante con Cisl e Uil sulle emergenze fisco e lavoro, un interesse comune alla mobilitazione. Pensiamo che bisogna costruire una nostra idea: una piattaforma comune».
Avete fissato una data per lo sciopero generale?
«Non abbiamo ancora fatto un ragionamento unitariamente, dovevo incontrare il segretario della Cisl, Bonanni, martedì. Ma una cosa è certa: non lasceremo scoperto il percorso parlamentare della riforma del lavoro».
Teme ancora imboscate sull’articolo 18?
«C’è stata un’attenzione eccessiva sull’articolo 18 e intanto sulla precarietà il governo non ha mantenuto le promesse. Così come siamo preoccupati di un intervento sugli ammortizzatori sociali che, oltre a non essere universale, dà troppo per scontata la diminuzione della mobilità ».
Governo e maggioranza sembrano aver trovato un accordo sulle modifiche alla flessibilità in entrata.
«Molte delle modifiche che sento prospettare non sono accettabili. Se mi si dice, ad esempio, che si ha bisogno di un po’ più di tempo per applicare le nuove norme sulle partite Iva, okay. Ma se alla fine salta tutto, qual è la riduzione della precarietà di cui tanto si parla?».
E’ delusa da questo governo?
«Questo è un governo che si definisce tecnico, ma nel senso che è portatore di quella politica europea che investe tutto sulle riforme e niente sul lavoro e sull’equità . Poi però tutto questo si misura con il fatto che il Parlamento è quello precedente e la politica pure».
Una politica che è in crisi di consenso presso l’opinione pubblica. Che ne pensa di movimenti come quelli di Grillo?
«Penso che c’è la possibilità che qualcuno raccolga i frutti di un’antipolitica che ha tratti autoritari e antidemocratici e che bisogna contrastare, anche se nasce da dati oggettivi. Ci vuole una riforma molto seria».
Di che tipo?
«Meno finanziamenti ai partiti, niente nomine politiche nella sanità , basta con i presidenti di Regione nominati commissari straordinari. Sì alla riduzione dei parlamentari. Insomma la politica deve fare la propria parte».
Sinceramente, non avverte un distacco anche nei confronti dei sindacati?
«Difendo un’idea di funzione dei sindacati diversa rispetto a quella dei partiti politici, non vorrei confondere i due terreni. Poi c’è un tema, quello della rappresentanza: il nostro problema è legato alla capacità di trasformarci rispetto al tessuto produttivo. E’ la ragione per cui insisto sui temi della precarietà , cui bisogna dare risposte e rappresentanza».
In Confindustria la successione a Emma Marcegaglia sta dando luogo a uno scontro interno durissimo. Che ne pensa?
«Siamo rispettosi delle questioni altrui come vorremmo che gli altri lo fossero delle nostre. Credo che siamo alla fine di una lunga stagione segnata dall’idea di un modello contrattuale separato, funzionale all’idea che la compressione dei diritti salvi il sistema. Un’idea che evidentemente non funziona».
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