Bossi jr. fa il passo del gambero

by Editore | 10 Aprile 2012 7:52

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MILANO – Caduto il vecchio Bossi l’operazione pulizia nella Lega procede a tappe forzate e ricade sul figlio pluribocciato e laureato coi soldi del partito. L’ondata di protesta della base cavalcata dai «barbari sognanti» di Maroni muove all’attacco della «banda bassotti» del cerchio magico. La prima testa a cadere è quella del rampollo del capo. Ieri Renzo Bossi ha annunciato le dimissione da consigliere regionale della Lombardia. «Non sono indagato ma mi dimetto senza che nessuno me l’abbia chiesto. Do l’esempio, sono sereno, ho fiducia nella magistratura». Poco dopo Bossi, il padre, lo incontra in via Bellerio e chiosa: «Ha fatto bene, erano due mesi che mi diceva che era stufo di stare in Regione». Quanto a eventuali espulsioni il capo è laconico: «Si vedrà …». 
Sui siti leghisti la notizia della caduta di Renzo scatena una valanga di messaggi ironici e spietati. Ma prendersela col Trota è fin troppo facile. Il suo passo indietro è solo una tappa obbligata per colpire la falange che ha costruito il sistema di potere all’ombra del Senatur e che di fatto ha controllato il partito fino a settimana scorsa. A partire dalla «nera», la «badante», la vice presidente del Senato Rosi Mauro. Ieri anche il triumviro Calderoli ha invocato le sue dimissione dopo avere incontrato il Senatur: «Vale lo stesso ragionamento che ha fatto Renzo Bossi. È un gesto di responsabilità , difficile, ma che aiuta il movimento». Poi Calderoli si è lanciato in un’ardita metafora delle sue: «Sono convinto che ci sia passato sopra uno tsunami e ora dobbiamo dimostrare di essere come il Giappone che ha saputo ricostruire e non come le baracche che purtroppo sono ancora in piedi in tante zone terremotate di casa nostra». 
La resa dei conti è violenta, i toni sono durissimi e in perfetto stile da dito medio come Bossi ha insegnato ai suoi. Ma adesso non è più una guerra contro Roma ladrona. E’ una guerra intestina senza quartiere che fa esplodere tutto il marcio che si annidava dietro la pretesa superiorità  morale del Carroccio. Non si tratta più solo delle prodezze dell’ex tesoriere Belsito e neppure delle inchieste di tre procure. Compaiono personaggi impresentabili, come la ex fidanzata del Trota che, dopo avere fatto la pupa in tv, adesso parla di ville sul Garda a disposizione di Renzo con tanto di piscina. Il suo autista, Alessandro Marmello, confessa che gli andava a prendere la paghetta di mille euro in via Bellerio e si faceva rimborsare dal partito tutti i lussi del Trota, dalla benzina, ai ristoranti, alla farmacia. Ma intanto per cautelarsi l’autista filmava tutto. E proprio adesso vuota il sacco e si fa intervistare dal settimanale Oggi. «Non ce la facevo più a fare il Bancomat di Renzo». Si tratta di filmati miserevoli con il Trota che rientra in auto e l’autista che gli consegna qualche banconota stropicciata da 100 euro e gli dice in milanese: «Renzo te set a post» («sei apposto», ndr). 
Dietro l’ombra del leader emerge un giro intricatissimo di ricatti incrociati, di paure e di minacce. Tutti correvano ai ripari e si preparavano a difendersi e a scagliarsi contro i compagni di partito quando tutto sarebbe saltato per aria. Proprio come lo stesso Belsito che fotocopiava i documenti con i conti neri del Carroccio e li portava nei suoi uffici di Genova. 
Ma non è solo questione di soldi. Sta andando in scena uno vero e proprio spettacolo trash. Finisce nel mirino anche Pier Moscagiuro, detto il Pier Mosca, amante di Rosi Mauro, ex poliziotto con la passione del canto che ha interpretato l’inno del sindacato della «nera», ma anche la hit «Kooly Noody» con Enzo Iachetti. I suoi video dove imita Elvis Presley impazzano in rete. E Maroni su Facebook scrive: «La colomba (della pace) va bene, ma solo fino a domani. Pulizia, pulizia, mi sono francamente rotto di cerchi magici e Culi nudi!!!».
Questa sera a Bergamo Bossi, Maroni e Calderoli si troveranno sullo stesso palco per la serata dell’«orgolio leghista». Ma l’appuntamento che dovrebbe rilanciare il partito si è già  trasformato in una sorta di mezzogiorno di fuoco con le varie anime di ciò che resta della Lega che si troveranno faccia a faccia di fronte al loro popolo imbestialito (sono attesi 2000 leghisti armati di scopa, tutto è stato trasferito dal Pala Creberg alla più capiente Fiera Nuova). Anche se è chiaro che il futuro del Carroccio si chiama Maroni, per l’ex ministro degli interni che adesso cavalca lo scandalo per tentare di fare piazza pulita nel partito, sarà  difficile non essere investito dagli schizzi di fango che stanno travolgendo tutto e tutti.

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