Bilanci doc prima del voto

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La questione è seria, e la paura è tanta, e per questo i tre leader che sostengono il governo Monti stanno cercando un accordo per partorire una nuova legge che sia in grado di regolare l’afflusso di denaro nelle loro casse. La scommessa è riuscire a farlo prima delle elezioni, un appuntamento che potrebbe riservare brutte sorprese, e senza ricorrere a un decreto legge del governo – troppo pericoloso. Ognuno ha le sue idee, ma già  oggi alcune prime norme per la trasparenza dei bilanci potrebbero essere messe a punto dai rappresentanti incaricati da Bersani (Pd), Alfano (Pdl) e Casini (Udc). Pochi punti all’insegna della chiarezza per dimostrare che i partiti possono controllarsi anche da soli: bilanci certificati sottoposti alla Corte dei conti e pubblicati in rete, nomi e cognomi di chi versa più di 5 mila euro e una serie di sanzioni per chi non rispetta le regole. Fin qui tutti d’accordo. Meno facile, invece, trovare un’intesa sulla riduzione dei fondi elettorali. In che modo ridurli? E come restituirli se non vengono spesi? Il Pd non è per la riduzione, il Pdl pure, mentre l’Udc sorvola (l’Idv è per l’abolizione).
Il segretario del Pd sembra il più motivato a chiudere un accordo. Ieri ha scritto una lettera agli elettori in vista delle amministrative del 6 e 7 maggio. Lo ha fatto per contrastare la «disillusione» crescente dei suoi potenziali elettori dopo il caso Lusi – il tesoriere della Margherita che se l’è spassata coi soldi del partito – e il terremoto che sta travolgendo la Lega. L’unico rimedio all’antipolitica, scrive Bersani, è «la buona politica». La frase non passerà  alla storia ma, viste le cronache giudiziarie, al segretario del Pd preme che arrivi un messaggio: «Abbiamo anche presentato una legge sui partiti per imporre trasparenza, democrazia interna, codici etici. In ogni caso, per parte nostra, stiamo già  facendo certificare i nostri bilanci da agenzie esterne indipendenti e facciamo sottoscrivere, pena l’incandidabilità , stringenti codici etici da parte di chi compone le nostre liste».
La campana sta suonando per tutti e ormai i partiti sono costretti a trovare un accordo invece di rinfacciarsi le rispettive «mele marce». E rapidamente. Angelino Alfano pensa a un meccanismo analogo al 5 per mille, «i conti sarebbero trasparenti e controllabili dall’opinione pubblica». La presidente dei senatori del Pd, Anna Finocchiaro, è più prudente e non senza ragioni. «Stiamo attenti – spiega – perché i partiti devono contare su risorse certe e pubbliche, se no ci troveremo di fronte solo a partiti di Paperon de’ Paperoni, o a finanziamenti illeciti».


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L’infedeltà  alla repubblica

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Anche i riluttanti sono spinti alla battaglia. Per chi vive in città  diverse da quelle dove si voterà , sarebbe normale il distacco dall’esito dei ballottaggi. In fondo, la legge elettorale comunale è la migliore delle leggi elettorali in circolazione da noi. Al primo turno, ha consentito la ricognizione della geografia politica dei luoghi, comprendendo anche la più minuta delle proposte. Con lo spareggio ora impone una semplificazione della politica, temperata dalla sua personalizzazione.

Da Arcore l’«ordine» della linea dura La tentazione di rompere subito

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ROMA — «Allora, Angelino, torna a Roma e avvertili che se il Pd non mi dà risposte, voi ministri vi dovete dimettere. Se non succede nulla di nuovo, per me il governo deve cadere prima che si voti in giunta». Qualche ora prima, alle 9, Angelino Alfano era a Palermo, in via Isidoro Carini.

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