Bersani: vicini all’accordo sul lavoro

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ROMA — È un ministro del Welfare dai toni distensivi, quello che ieri ha cercato di placare le polemiche sulla riforma del lavoro sollevate dal Pdl, a pochi giorni dalla ripresa del dibattito, previsto per mercoledì prossimo al Senato. «Il governo lavora perché l’Italia viva un po’ meglio» ha detto Elsa Fornero. Il ministro, dopo aver precisato l’altro giorno che l’articolo 18 non è stato smantellato ma sono state tolte solo garanzie a pochi, ieri non ha voluto aggiungere altro sulla riforma. In attesa che il disegno di legge riprenda l’iter parlamentare, anche il leader del Pd, Pier Luigi Bersani, ha cercato di abbassare i toni che il Pdl ha provveduto ad alzare circa le modifiche apportabili al testo. Che invece, per Bersani, può essere chiuso «già  la prossima settimana, a condizione che vengano introdotti ammortizzatori per i parasubordinati: 300-400 milioni di euro che noi sappiamo dove poter prendere».
Il ministro Fornero intanto si è concesso un ritorno nelle sue terre. Qui, durante una pausa del suo viaggio nel cuneese per l’asta del Barolo, si è augurata, con una battuta (riferita a una storia raccontata dal trasformista Arturo Brachetti), che la propria esperienza da ministro «non finisca con una fucilata». Fornero ha poi annunciato che trascorrerà  il suo Primo maggio da ministro prima a Roma (al monumento dei Caduti sul lavoro all’Eur e al Quirinale), e nel pomeriggio a Torino, alla cerimonia in Prefettura per la consegna delle onorificenze ai lavoratori.
Intanto i sindacati preparano la manifestazione del Primo maggio, che vedrà  al centro il tema della riforma. Il segretario della Uil, Luigi Angeletti, ieri si è detto d’accordo con le considerazioni di Fornero circa l’articolo 18 — cioè che «non è stato smantellato» — ma ha aggiunto che i sindacati non hanno fatto la riforma del lavoro «per ridurre un po’ qualche garanzia: l’abbiamo fatta per ridurre la precarietà  e avere un mercato del lavoro più dinamico che aiuti chi cerca un lavoro». Poi è tornato su uno dei suoi cavalli di battaglia: «L’unico modo per produrre occupazione in Italia è ridurre le tasse sulle buste paga». Non ha rinunciato alle critiche nemmeno ieri il leader della Cgil, Susanna Camusso, che è tornata a sottolineare come i tagli del governo «colpiscono anche il mondo del lavoro».
Su tutto aleggia il grande attivismo del Pdl sulla riforma. Ieri il segretario Angelino Alfano ha ribadito la volontà  di sostenere le ragioni delle imprese affinché «non vengano appesantite le procedure che riguardano le assunzioni, per non rischiare di rallentare l’occupazione». Si tratta di capire fino a che punto le manovre del Pdl sulla riforma siano rivolte a modificarla e quanto invece si tratti di semplici polemiche elettoralistiche. Anche la Lega ieri è intervenuta sul delicato capitolo del lavoro che non c’è. «Come presidente della Regione Piemonte, sono molto preoccupato — ha affermato Roberto Cota —: le aziende chiudono perché la pressione fiscale ha raggiunto livelli insostenibili». Cota ha concluso dicendo che chiederà  nei prossimi giorni un incontro al presidente del Consiglio «perché vorrei discutere di alcune cose concrete che, a mio avviso, si dovrebbero fare subito».


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