by Sergio Segio | 30 Aprile 2012 6:54
ROMA – Tagliare sì, ma dove diciamo noi. I partiti vanno all’attacco della spending review del governo prima ancora che sia presentata, questo pomeriggio, in Consiglio dei ministri. Il lavoro di Piero Giarda ha due obiettivi indiscutibili: tentare di evitare il rialzo di due punti di Iva già previsto, che scatenerebbe effetti recessivi difficilmente sostenibili, e consolidare il pareggio di bilancio promesso all’Europa. Quel che resta, potrebbe servire alla tanto agognata crescita.
Sui fini, quindi, nulla da eccepire. Non per niente l’operazione è tenuta d’occhio addirittura dalla Banca centrale europea. Il “monitoring team” di Francoforte raccomanda: «Accorpare le Province sarebbe l’unica vera misura di taglio di costi della politica», e rilancia i capitoli concorrenza e liberalizzazioni, finiti nell’ombra.
Di crescita e riforme – a livello europeo – il board della Bce parlerà già questo giovedì a Barcellona. In Italia, invece, cominciano i distinguo. Bossi difende le Province, che il governo ha reso enti di secondo livello con un disegno di legge invitando il Parlamento ad accorparle. «Teniamole, non costano nulla», dice il Senatùr, secondo cui la Bce non è «una grande autorità nel merito delle istituzioni del nostro Paese». Sugli eventuali tagli a Interno e Difesa, invece, è il Pdl a mettersi di traverso con Maurizio Gasparri: «Diciamo subito no a chi pensa di ridurre la spesa tagliando una stazione dei carabinieri o un commissariato di polizia. Siamo d’accordo invece a vedere gli sprechi in altri settori». Visione opposta a quella del Pd: «No a ulteriori tagli alla scuola, sì alla riorganizzazione della Difesa», dice il segretario Pier Luigi Bersani. E aggiunge: «Sono sicuro che un uomo come Giarda pensi di entrare con il cacciavite in questi meccanismi, perché usare la mazza non va bene». Le responsabili scuola di Pd e Idv, Francesca Puglisi e Giulia Rodano, propongano che nell’istruzione vengano addirittura reinvestiti i proventi della spending review. Mentre il senatore democratico Ignazio Marino esorta: «Il governo dovrebbe guardare soprattutto al settore della Difesa: il numero dei militari è progressivamente diminuito dagli anni ’60 a oggi, mentre quello delle strutture è rimasto stabile o è aumentato». Poi invita il governo a rinunciare all’acquisto dei cacciabombardieri F35. In linea con il leader di Sel Nichi Vendola, che scrive su Twitter: «Se tolgono anche 1 solo euro alla scuola, è provocazione. Servono risorse? Taglino le spese militari».
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