by Sergio Segio | 30 Aprile 2012 6:50
NUORO – Non poteva più far lavorare i due figli nella sua azienda edile, così un piccolo imprenditore del Centro Sardegna si è ucciso con un colpo di pistola. Il nuovo dramma della disperazione è accaduto a Mamoiada, centro montano della Barbagia, a una quarantina di chilometri da Nuoro. Sulla vicenda che ha segnato la tragica fine di G. M, 55 anni, stimato titolare di una società che operava soprattutto lungo le coste dell’isola, è stata aperta un’inchiesta.
È certo che il caso s’inserisce in un tessuto economico divenuto assolutamente allarmante. La Sardegna ha uno dei livelli più elevati di disoccupazione in Italia. Un giovane su due è senza lavoro. Il numero dei cassintegrati (o assistiti con ammortizzatori sociali dall’Inps) supera i centomila su una popolazione di un milione e 600mila abitanti. Le persone nel mirino di Agenzia delle entrate ed Equitalia sono oltre 75mila. E non a caso proprio nel Sulcis Iglesiente è nato il primo movimento di rivolta contro interessi da capogiro, spese, interessi sugli interessi e strette creditizie. Lo stesso movimento che sin qui si è battuto contro le vendite alle aste giudiziarie delle terre, delle tenute agricole, delle serre, degli ovili.
Il caso di Mamoiada s’inserisce dunque in una realtà sempre più a rischio. Il suicidio è stato scoperto dai familiari venerdì. Ma la notizia è trapelata solo ieri, diffondendosi poi rapidamente. L’arma che G.M. ha usato per spararsi al cuore, in una campagna di sua proprietà , non lontano dal paese nel quale viveva, era denunciata e detenuta legalmente.
Il costruttore non ha lasciato biglietti di addio o una lettera per spiegare le ragioni che lo hanno spinto a farla finita. Sino a qualche tempo fa, aveva dato lavoro non solo ai figli, ma anche a diversi ragazzi di Mamoiada. In particolare, per la realizzazione di villette al mare lungo i litorali: residenze per turisti e seconde case per sardi, da usare durante le vacanze estive.
Ma la situazione era andata aggravandosi. E la profonda recessione attraversata dall’edilizia in Sardegna aveva acuito le difficoltà dell’impresa, rimasta sempre di ridotte dimensioni, gestita con una conduzione familiare sino all’abbandono di uno dei due fratelli soci. Tanti, nel piccolo centro, però considerano però il suicidio del tutto imprevedibile e comunque non collegabile al quadro generale di crisi.
Sulla base dei primi accertamenti, dicono gli investigatori, non si sa ancora quanto sulle decisioni dell’uomo abbia influito anche uno stato di debolezza per il quale si era sottoposto ad analisi cliniche o se la scelta sia maturata solo a causa delle gravissime difficoltà che stava attraversando sul fronte finanziario. Ipotesi, quest’ultima, alla quale gli amici, come sempre in questi casi, non credono, non vogliono credere: «Con qualche difficoltà stava comunque continuando a lavorare – spiegavano ieri parecchi di loro – E i figli poi erano alla ricerca di altre strade, uno aveva già trovato un’occupazione diversa».
«Non potevamo immaginare nemmeno lontanamente il dramma interiore che quest’uomo stava attraversando – ha detto ai giornalisti il sindaco di Mamoiada, Graziano Deiana – Faceva parte di una famiglia molto unita, noi tutti lo consideravamo una persona molto in gamba». Sgomento in paese, dove ieri una folla commossa ha preso parte ai funerali. «È terribile assistere a queste disgrazie», l’unico commento, fatto con alcuni fedeli, dal parroco, don Luigino Monni.
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