Anche l’Olanda scopre il deficit “Per non affondare nella crisi un governo tecnico all’italiana”
L’AJA – Il diario di questa crisi olandese che scuote i mercati e tiene l’Europa con il fiato sospeso si apre sabato con la foto del premier Mark Rutte e del capogruppo liberale Stef Block, jeans e giacca a vento, che arrivano in bicicletta e senza scorta alla residenza governativa Catshuis, poco fuori dall’Aja, per l’ultima giornata di negoziati sulla manovra finanziaria. Dopo tre settimane di estenuanti tira e molla quotidiani con il capo dell’ultra-destra populista Geert Wilders, che appoggia il governo dall’esterno, tutto sembra essere ormai a posto. Una stretta da 16 miliardi di euro dovrà riportare il deficit olandese al 3% entro il 2013, come esigono le regole europee e come chiedono le agenzie di rating per preservare la tripla A sul credito del Paese.
E invece tutto salta. Wilders, che probabilmente venerdì ha visto i sondaggi riservati predire lo straordinario successo della Le Pen alle elezioni francesi, decide di giocare la carta delle elezioni. Dopo aver per mesi fustigato “i Paesi del sud” che non rispettano gli imperativi di risanamento finanziario, si rimangia tutti gli impegni presi in precedenza e annuncia che non voterà la manovra. «Non voglio far prosciugare le pensioni dei nostri anziani dai diktat di Bruxelles», dichiara dettando il tono di quella che sarà , nelle sue intenzioni, una campagna elettorale dominata dalla crociata anti-europea. Per l’Olanda si apre una crisi che, come dice il primo ministro, «il Paese non si può permettere». Lunedì Rutte presenta le dimissioni alla regina. I mercati europei affondano. Ieri la commissione elettorale si pronuncia per un voto a settembre.
Ma le nuove regole europee non consentono tempi lunghi. Lunedì anche l’Olanda, come tutti gli altri Paesi della moneta unica, dovrà presentare a Bruxelles un progetto di bilancio che preveda il riequilibrio dei conti pubblici. E Rutte, in carica per gli affari correnti, dovrà trovare in Parlamento un accordo che consenta di varare la manovra e possibilmente di ratificare il Trattato europeo sull’Unione di bilancio prima del voto. Si apre così un nuovo negoziato con i partiti moderati all’opposizione, laburisti e liberali di sinistra, per definire una maggioranza provvisoria con i conservatori di Rutte e con i democristiani che permetta di salvare il Paese.
Una maggioranza allargata che, prevedono in molti, potrebbe prefigurare la coalizione di governo che uscirà dalle prossime elezioni. Come è già successo in Italia, e come probabilmente accadrà in Germania, la necessità di risanare i conti pubblici, conservare un minimo di consenso sociale e arginare la marea montante dei populisti, spinge verso una “Grosse Koalition” tra i moderati di destra e di sinistra.
E sono in molti, in queste ore confuse e frenetiche, a guardare all’Italia e alla crisi della politica che da Roma sembra dilagare in tutta Europa. «Vorrei tanto che avessimo anche noi un Monti olandese – confessa Henk Jan Ormel, deputato e portavoce democristiano – Credo che un governo tecnico permetterebbe di superare questa fase difficile. Mi vergogno a dirlo, ma noi politici non riusciamo più a fare quello che sarebbe il bene del Paese». «La crisi fondamentale della politica che abbiamo visto in Italia sta arrivando anche da noi – dice il deputato laburista Frans Timmermans, responsabile per gli affari internazionali – e corre in parallelo con la crisi di fiducia tra il Nord e il Sud dell’Europa». Dobbiamo capire che abbiamo un problema comune e che, se non lo risolviamo, saranno le nostre democrazie a pagarne il prezzo».
«Certo, la disaffezione dalla politica è un fenomeno europeo. Dieci anni fa i laburisti avevano 800 mila iscritti e ora ne hanno trentamila; i dc ne avevano un milione e ora sono quarantamila. Ma la gente continua ad andare a votare. E, nonostante la montata del populismo di destra e di sinistra, il settanta per cento degli elettori fa una scelta moderata e responsabile – commenta Johannes Van Balen, uno dei leader del Partito liberal-conservatore – Due anni fa ho appoggiato l’idea che Rutte formasse una coalizione con i radicali populisti di Wilders perché non c’era altra soluzione. Ma ora provo un certo sollievo per il fatto che ce ne siamo liberati: ero stanco delle sue continue polemiche contro i musulmani, contro i polacchi, contro l’Europa. Alla fine, messo di fronte alle proprie responsabilità , ha mostrato tutta la propria incoerenza. In fondo il miglior modo di smascherare i populisti è metterli alla prova dei fatti. Come è già successo da noi negli anni Novanta con Pim Fortuyn. E come spero succederà con Wilders».
Per ora, a quanto pare, il gambit del leader populista si sta ritorcendo contro di lui. La forza eversiva di Wilders, che era riuscita a sparigliare i giochi politici olandesi, rischia di ricomporli a proprie spese. I sondaggi pubblicati domenica danno al suo partito un calo del 20-25% dei deputati, mentre i liberal-conservatori di Rutte e i laburisti sarebbero in fase ascendente. Ironia della sorte: dopo aver sperimentato la via italiana al dissesto dei conti pubblici, ora l’Olanda potrebbe accingersi a sperimentare la ricetta italiana per una coalizione di salvezza nazionale.
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