Altri 430 miliardi all’Fmi, ma gli Usa dicono no

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WASHINGTON – Nel giorno in cui gli spread impazzano, arriva un’altra “barriera di fuoco” contro la crisi. Pressati dai continui sobbalzi dei mercati, i Grandi del mondo che siedono nel G20 si impegnano ad aumentare le risorse del Fmi. Le sue casse dovrebbero rimpinguarsi con almeno 430 miliardi aggiuntivi, secondo il comunicato finale, nonostante le resistenze degli Usa e dei Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) . Dal presidente della Bce, Mario Draghi, giunge un plauso a Italia e Spagna, condiviso anche dal G20: «Stanno facendo progressi. Quello che hanno fatto è rimarchevole anche se devono lavorare ancora. La situazione di oggi, se paragonata a 4 mesi fa, è decisamente migliorata».
Christine Lagarde, numero uno del Fmi, cerca fino all’ultimo di raggranellare il massimo denaro possibile. Al dunque, gli impegni concreti si fermano a circa 363 miliardi di dollari, gli altri arriveranno a giugno, al vertice dei capi di stato di Los Cabos. La somma è inferiore ai desiderata (600 miliardi), ma è quasi il doppio delle attuali disponibilità  del Fmi. La signora dà  comunque il suo «caldo benvenuto» a questo tesoretto, mentre sui mercati gli spread tornano a far paura: quello italiano schizza per un po’ oltre quota 400, lo spagnolo balza a 430 e il francese a 150. Solo «speculazione», taglia corto la Ue. «La volatilità  è continua. Non c’è nulla di nuovo rispetto ai giorni passati», minimizza Vittorio Grilli, viceministro dell’Economia. E il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco: «Sui mercati c’è molta incertezza. Bisogna perseverare lungo la strada intrapresa che è quella giusta», anche perché dal G20 sono venuti «molti apprezzamenti per le misure prese da noi e dagli spagnoli».
Così, mentre le Borse riescono a chiudere in rialzo (più 0,80 Milano) un giorno difficile, rimangono le resistenze degli Usa che non aumenteranno i contributi al Fmi. I denari arrivano da altre fonti. Lagarde fa l’elenco con tanto di tabellina: 15 miliardi dalla Gran Bretagna, 7 dall’Australia, altri 15 da Corea e Arabia Saudita, 4 da Singapore che si aggiungono ad impegni per 320 miliardi già  promessi dall’Europa (200), dal Giappone (60), dalla Polonia (8), dai paesi scandinavi (27), dalla Cecoslovacchi (2) e dalla Svizzera (10). Ci sono poi gli impegni di Indonesia, Malesia, Tailandia. C’è la promessa della Cina. Gli altri paesi Brics, anch’essi divisi al loro interno, condizionano l’esborso a una riforma della governance Fmi, che dia loro più peso politico. «E’una precondizione» dice il brasiliano Mantega. Il ministro Schaueble : «La crisi di fiducia dei mercati non è finita».
Anche per il G20 la crescita quest’anno s’annuncia «moderata», persistono «significativi rischi al ribasso». S’intravede pure un rischio petrolio. Resta da vedere, adesso, come reagiranno i mercati, lunedì.


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