Al teatro Garibaldi di Palermo va in scena la Cultura. A grande richiesta

by Editore | 17 Aprile 2012 9:27

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Tutti convinti che «bisogna resistere», «perché dobbiamo trovare gli spazi per confrontarci su questioni cruciali che riguardano lo stato della cultura nel nostro Paese, ma non solo. E a partire da questi luoghi affermare il principio della autogestione dei beni comuni, sperimentare nuove forme partecipate di organizzazione del territorio», dice il cantautore catanese. 
Il teatro Garibaldi di Palermo resta occupato, e l’ultimatum dato dal Comune – che sotto la minaccia di sgombero immediato, col palcoscenico occupato da poliziotti in tenuta antisommossa, venerdì aveva indotto gli occupanti ad accettare una concessione dello spazio a tempo, per soli tre giorni, con l’impegno di riconsegnare la chiavi domenica a mezzanotte – non ha sortito l’effetto di chiudere ancora una volta il sipario su quel pezzo di storia della città . Martoriato da abbandoni, riaperture, ristrutturazioni-scempio e inaugurazioni-beffa. Perché la città  ha risposto, oltre le aspettative. Trasformando davvero quel luogo in un «laboratorio politico» che non può esaurirsi in tre giorni, hanno concordato tutti. Così a mezzanotte formalmente il comitato «Teatro Garibaldi aperto» si è sciolto, gli occupanti hanno fatto un passo indietro e con una bottiglia di spumante si è brindato alla «riapertura della discussione in una nuova forma partecipata di assemblea permanente a presidio di questo spazio», allargata a tutti quelli che in questi tre giorni hanno condiviso l’esperienza, chi offrendo sprazzi della propria arte, chi prendendo parte al confronto in una platea spoglia di poltrone e trasformata in un’affollatissima agorà , dove una maestra proponeva ironicamente di completare il restauro col decoupage realizzato dai suoi alunni («Quattro milioni hanno speso qui? Ma come è possibile?») e un ragazzino affermava solenne: «Questo teatro lo sento già  mio». 
«Siamo entrati qui e vogliamo rimanere affinché sempre più gente possa vedere come è stato ridotto questo bellissimo teatro e interrogarsi su come vengono gestiti i beni comuni e gli spazi culturali – dice una lavoratrice che sta occupando – I criteri, finora, non li abbiamo mai capiti: ne vogliamo finalmente parlare, vogliamo dotarci di regole trasparenti?». Lei è una dei 60 artisti e studenti che venerdì mattina hanno varcato il cancello di quel teatro chiuso per lavori da sei anni, inseguiti dagli agenti che incredibilmente erano già  lì, ad attenderli. «Non siamo qui per chiedere la gestione di questo posto, ma per chiedere nuove politiche. Noi non siamo disoccupati, viviamo tutti della nostra arte ma a costo di enormi sacrifici e con livelli di vita divenuti ormai inaccettabili. Eppure in questi anni i soldi ci sono stati: dove sono finiti?», si chiede ancora la coreografa. E dove sono finiti gli oltre 4 milioni stanziati per la ristrutturazione del Garibaldi, il cui fascino delabrè conquistò Carlo Cecchi che alla fine degli anni ’90 vi portò in scena la sua trilogia shakespeariana, e adesso è stato cancellato da interventi che i più cauti definiscono discutibili? 
In migliaia sono venuti a vedere il teatro Garibaldi in questi tre giorni. E oltre mille hanno già  firmato il manifesto, mentre in tanti si sono portati il sacco a pelo e hanno dormito lì, al fianco degli occupanti.

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