Al corteo dei partigiani una folla di giovani: «Roma è antifascista»
«Per favore – dice Tina Costa con tono gentile ma deciso ai fotografi che l’assediano e ai manifestanti che la riconoscono e la salutano, le vogliono stringere la mano, la ringraziano – non chiamatemi “signora”, sono una “compagna”». 87 anni, Tina si trovò a fare la staffetta partigiana durante la Resistenza. «Abbiamo combattuto per la libertà , certamente, ma anche per la dignità e il lavoro, oggi mi sembra che siamo ritornati a 60 anni fa: c’è un rigurgito fascista nelle istituzioni e ci sono precari e esodati, cioè giovani e meno giovani senza stipendio e senza futuro. Molti di noi sono morti perché in Costituzione ci fosse scritto “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”».
Se c’è un filo rosso che attraversa il corteo organizzato come ogni anno dall’Anpi a Roma, che lega le diverse sfumature di rosso delle sue mille bandiere, le decine di associazioni che hanno aderito, è proprio l’articolo 1 della Costituzione, oltre alla richiesta veemente di un taglio netto della città nei rapporti con ogni organizzazione che si richiami alle ideologie del ventennio o xenofobe, che negli ultimi tre anni sembrano aver preso in ostaggio a suon di aggressioni, minacce, violenze (l’ultima al Liceo Avogrado durante l’intervento del partigiano Mario Bottazzi, tre giorni fa) la coscienza civile e antifascista della Capitale, città medaglia d’oro della Resistenza. Nessuno nel corteo, uno dei più partecipati e affollati degli ultimi anni, si nasconde che non è solo la celebrazione di un rituale ma è un “riprendersi la città ” dopo gli ultimi fatti di cui si è resa protagonista l’estrema destra. Dopo le polemiche infamanti scaturite alla morte del partigiano Rosario Bentivegna, anima della Resistenza cittadina, sollevate da una certa destra, a cui nessuno di certa parte delle istituzioni cittadine ha voluto porre ufficialmente rimedio. Nino Ruffa, segretario del Circolo Martiri delle Fosse Ardeatine, guarda il lungo corteo alle sue spalle e nota: «il popolo di Roma sempre si è distinto per l’antifascismo e soprattutto adesso, dopo questi episodi di violenza neofascista, tanti giovani sono venuti qui oggi, questo dimostra che c’è voglia di affermare valori di democrazia e tolleranza».
UNA SOLA CORONA DI ALLORO
Alla fine sul palco, tra le note di Bella Ciao e di De André e le testimonianze applauditissime dei partigiani, i più attenti avranno notato che c’era solo una corona di alloro da parte delle istituzioni. Il mittente era la Provincia di Zingaretti. Non pervenute quelle di Campidoglio e Regione Lazio. Eppure Renata Polverini aveva persino fatto appello al Capo dello Stato a causa dall’iniziale mancato invito da parte dell’Anpi. In mattinata era previsto il suo arrivo. Poi all’ultimo minuto il dietrofront per paura di contestazioni. «Questa è una festa, non ci sarebbe stato nessun problema di ordine pubblico», ha commentato poi il presidente dell’Anpi di Roma, Vito Francesco Polcaro, ribadendo che sarebbe auspicabile da parte di Comune e Regione «un segnale di netta chiusura verso tutti quei movimenti o quelle associazioni pseudo-culturali (come Casa Pound) che si richiamano all’ideologia fascista, all’antisemitismo e al razzismo e verso coloro che li rappresentano nei consigli».
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