Onu, acqua, pace e sviluppo le crisi del mondo discusse dai ragazzi
NEW YORK – Ban Ki-moon ha 21 anni e viene da Catania. I delegati dell’Iran e della Siria sono persino più giovani e devono ancora finire le scuole superiori. Quelli di Israele e Palestina siedono fianco a fianco e si abbracciano davanti alle telecamere. Russi e cinesi danno la benedizione, gli americani applaudono. Il tutto nella sala più austera del Palazzo di Vetro, quella in cui si decidono le sorti del mondo. L’assemblea generale dell’Onu, per la prima volta nella storia, la fanno gli studenti arrivati da ogni parte del mondo. Sono mille, in rappresentanza di una ventina di nazioni di 4 dei 5 continenti. I più giovani frequentano ancora le superiori, gli “anziani” sono prossimi alla laurea e non raggiungono i 22 anni. Insieme per cambiare il mondo, “change the world” come recita lo slogan di una settimana che, comunque vada, nessuno di loro potrà mai dimenticare.
E’ una simulazione, certo, ma i ragazzi in giacca e cravatta e le studentesse in tailleur grigio d’ordinanza, non hanno affatto voglia di scherzare. Piccoli diplomatici crescono, o almeno ci provano. Sono qui grazie all’associazione “I diplomatici” fondata a Catania una decina di anni fa da un gruppo di neolaureati con in testa un’idea meravigliosa: formare gli ambasciatori del domani. Perché non si vive di solo i-Pod e discoteche: a 18 anni o giù di lì ci si può appassionare ancora di politica estera, si può ragionare su pena di morte ed energie rinnovabili o, magari, avere idee innovative su come aiutare i paesi sottosviluppati.
Diego Cimino – Ban Ki-moon, appunto, visto che nella simulazione è il segretario generale delle Nazioni Unite – lo urla dallo stesso scranno dal quale, negli anni, hanno preso la parola leader come Jfk e Che Guevara: «Se solo ci penso mi viene la pelle d’oca – racconta – per l’emozione non ho chiuso occhio stanotte. Io come Ban Ki-moon? I miei amici mi prendono in giro e mi chiamano “Ban Ki-mino”. A parte lo scherzo, per noi che sogniamo di diventare diplomatici, il segretario generale dell’Onu, quello vero, è un modello di integrità e dedizione. A volte mi domando: ma come fa a essere sempre così tranquillo pur occupandosi di tutti i problemi del mondo? Boh, io proprio non ce la farei. Per fortuna che devo fingere di essere lui soltanto per una settimana…».
E certo fa un po’ di impressione scorgere tra i delegati al Palazzo di Vetro persino un ragazzino “rasta”, con quei capelli tipici da musicista reggae che, a memoria d’uomo, nessuno aveva mai notato tra chi abitualmente siede in una delle assemblee più importanti del mondo. Giuliano Carlo De Santis, 18 anni, studente all’ultimo anno allo Scientifico “Amaldi” di Bitetto non ci fa troppo caso: «Rappresento il Guatemala, forse mi hanno associato a quel Paese proprio per “colpa” dei miei capelli. E sono persino nel Consiglio di Sicurezza dove tenterò di far passare una risoluzione sulla sicurezza dei giornalisti in zona di guerra». Alla fine risulta il migliore tra tutti e mille gli aspiranti delegati: «E stasera tutti a ballare», dice commosso ai suoi “colleghi”.
Chi, invece, ha poca voglia di scherzare è l’uomo di Teheran. Che poi è un timido 17nne di Bari, si chiama Andrea Mincuzzi e ci tiene a presentare al mondo un’immagine diversa del Paese che rappresenta: «Lo so, qui sono uno dei più odiati e temuti. Parlo per conto di uno Stato-canaglia, ma provo a far capire che esiste un altro Iran, quello che potrebbe, se solo volesse, puntare sulle enormi risorse petrolifere di cui dispone coniugandole con altre forme di energia, decisamente più sostenibili. Certo, mi rendo conto che la repressione del regime non aiuta». 17 anni spesi bene, verrebbe da dire.
Claudio Corbino, presidente dell’associazione “I diplomatici” si coccola i suoi allievi: “Negli occhi di questi ragazzi vedo la speranza di un futuro migliore”, dice. E per tutti loro, il consiglio del “padrone di casa”, l’ambasciatore Cesare Ragaglini rappresentante permanente per l’Italia presso le Nazioni Unite: «La canzone dice che uno su mille ce la fa, ma io spero che la percentuale sia molto più elevata. Nel mondo c’è sempre più bisogno di diplomazia, lo spazio c’è se si ha pazienza e voglia di studiare. Chissà magari tra loro c’è già chi, un giorno, prenderà il mio posto…».
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