A Tropea una giunta di evasori

by Editore | 22 Aprile 2012 11:36

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Perché la notizia ha dell’incredibile: Tropea era amministrata da evasori fiscali. Mezzo consiglio comunale e una manciata di assessori avevano carichi tributari pendenti. A finire nel mirino della Procura della Repubblica di Vibo e del Nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza sono assessori e consiglieri comunali, nonché un dirigente dell’ente locale. Sei in quota Gaetano Vallone, l’attuale sindaco, e uno nello schieramento di Adolfo Repice, l’ex primo cittadino, la cui giunta era caduta nell’agosto scorso per una sentenza del Consiglio di Stato, a seguito del ricorso presentato dall’amministratore ora in carica. Una storia di preferenze prima annullate in sede di scrutinio, poi convalidate dalla magistratura amministrativa. Un ribaltone a colpi di carte bollate che aveva rovesciato per 3 soli voti l’esito delle elezioni. Ma lui, Adolfo Repice, il sindaco defenestrato, aveva già  in serbo la sua vendetta. Era il 5 novembre dell’anno scorso quando la questione relativa ai debiti contratti dai consiglieri e assessori comunali era approdata a Palazzo Sant’Anna, sede del Comune. Repice aveva stigmatizzato il comportamento, oltre che dei sei consiglieri morosi, anche dello stesso primo cittadino, del capogruppo-assessore e del vicesindaco, prospettando anche risvolti penali. Il capo dell’opposizione aveva quindi chiesto le dimissioni del sindaco e contestato l’incompatibilità  per i consiglieri in questione, chiedendo che si astenessero dal votare in quanto aventi interesse in causa. La successiva votazione si era però risolta a vantaggio della maggioranza, forte dei numeri in consiglio. Sei mesi dopo l’intervento della magistratura. I sette, al momento dell’elezione, avevano dichiarato di non avere motivi di incompatibilità  con la carica. In realtà  dalle indagini è emerso che erano debitori da più anni verso l’ente e come tali non avrebbero potuto essere eletti. Il debito più basso era di 610 euro, ma in alcuni casi sono stati superati i 10 mila euro con l’accumulo dei tributi su rifiuti, acqua e Ici. I consiglieri negli ultimi tempi hanno saldato, almeno in parte, il debito. Ma a detta degli inquirenti ciò non li esime dal reato di falso.

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