Val di Susa: cronaca del settimo giorno di mobilitazione permanente

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L’appuntamento è per le 12 al campo sportivo di Giaglione. Polenta per tutti. Le bandiere bianche con la scritta “No –Tav” e il treno marcato dalla X rossa sventolano. Ci sono le famiglie con i bambini, gli anziani, i valligiani, tanti studenti universitari arrivati da Torino e il solito gruppo di un centinaio di anarchici di cui molti poco hanno a che fare con la valle. L’arringa, a mettere sugli attenti e scaldare i cuori dei manifestanti, arriva dal leader storico dei No – Tav, Alberto Perino: “Oggi – dice – siamo tranquilli, allegri, colorati. Oggi ci comportiamo bene”. Parole che sembrano voler gettare acqua sul fuoco di tutte le polemiche nate dopo lo sgombero, da parte della Polizia, ad inizio settimana, dell’Autostrada A32, allo svincolo di Chianotto e i conseguenti disordini che ne sono seguiti.

Ma in realtà  le contestazioni non sono finite e non finiranno, tanto che ad entrare “di diritto” nella hit parade dei nemici del movimento c’è il presidente del Consiglio Mario Monti. La sua colpa è quella di aver ribadito che l’alta velocità  Torino – Lione si farà , in barba a tutte le manifestazioni di dissenso che, ha ribadito, sono legittime purché non sfocino nella violenza. È per questo che lo slogan della “settima giornata di mobilitazione permanente” è “tutti in Clarea. “Caro Monti – dicono al presidio – tu dei valsusini non hai capito niente. Non ci facciamo spaventare”.

La meta dei manifestanti è tornare nella piccola valle che fino a lunedì scorso, quando le Forze dell’ordine hanno allargato a sorpresa l’area del futuro cantiere Tav, includendo la baita, era il presidio simbolo del movimento. Ad aprire il corteo c’è lo striscione “giù le mani dalla Val Susa”. Ma dopo neppure 20 minuti di sentiero arriva il primo schieramento di Carabinieri. I manifestanti si fermano, a dividerli dalle Forze dell’Ordine c’è un dispositivo di muri in ferro, cemento e filo spinato. I più temerari si arrampicano per i sentieri e riescono ad arrivare, circa una ventina, al ponte di legno che attraversa il torrente Clarea, a poche decine di metri dalle odiate recinzioni del futuro cantiere.

Ma il grosso rimane “vis a vis” con la Polizia. C’è chi intona canti partigiani, che suona tamburi e chi lancia sfottò. Poi, dal niente, compare uno dei miti del movimentononviolento e pacifista, Turi Vaccaro, che camminando scalzo dribbla lo schieramento di Carabinieri sorridendo e si mette a suonare il flauto su una torre. Più tardi, quando il movimento ha già  fatto marcia indietro, Turi prosegue la sua marcia solitaria e arriva a salire sul traliccio dal quale lo scorso lunedì è caduto folgorato Luca Abbà .

Prima di ritirarsi verso Giaglione, alcuni manifestanti riescono a tagliare il filo spinato e gettarlo nella scarpata. È solo allora che una delle donne della protesta, Nicoletta Dosio, con il megafono annuncia: “potevamo andare oltre ma per oggi basta così. Ci siamo ripresi una parte del territorio”. Da oggi, per il movimento, comincia una nuova settimana. Ma è solo con il passare del tempo che si potrà  capire se il movimento ha realmente raccolto la solidarietà  degli antagonisti di tutta Italia e se questi saranno disposti a continuare le proteste “senza sosta”.

Prima che “il settimo giorno di mobilitazione permanente” si sciolga c’è tempo per ribattere al commissario straordinario di governo per la Tav Mario Virano, che nel pomeriggio aveva sostenuto che in Val di Susa i violenti sono “invitati” e non “infiltrati”. “È il Comitato – aveva sostenuto Virano – che dirige il movimento. Regola il rubinetto della violenza secondo una lucida convenienza valutata occasionalmente, di caso in caso”. La risposta arriva da Perino: “Nei giorni scorsi – ha sottolineato – la Polizia ha gettato la maschera. Hanno fatto la caccia all’uomo nei paesi e nelle case. Proprio come i nazisti ai loro tempi”. E poi, il leader dei No – Tav, fa capire di pensare ad una querela.


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