by Editore | 8 Marzo 2012 7:30
MILANO – Unicredit è una fucina di presidenti. Il Comitato governance di ieri ha «delineato una proposta del profilo dei candidati alla presidenza»; presto i cacciatori di teste selezioneranno una rosa ristretta di candidati con quelle caratteristiche, ed entro il cda del 27 li presenteranno ai grandi azionisti poi ai consiglieri. L’identikit, in coerenza con le raccomandazioni della Banca d’Italia, prevede che il successore di Dieter Rampl sia non esecutivo, con proiezione internazionale, competente sulla normative settoriali, con esperienze nel settore finanziario. Il processo è avviato, con l’ad Federico Ghizzoni – presente ieri al Comitato – nel ruolo di raccordo, e c’è fiducia che si concluda in un paio di settimane.
La giornata in Piazza Cordusio è stata trafficata. Al mattino un vertice delle fondazioni, presenti i presidenti di Cariverona Paolo Biasi, di Crt Andrea Comba e di Carimodena Andrea Landi. In sede è stato visto anche l’ex governatore della Banca centrale libica, Farhat Bengdara, pure vice presidente di Unicredit. Nel pomeriggio il Comitato governance, ospite Ghizzoni. «Il Comitato s’è riunito per completare la definizione di una proposta volta a individuare il profilo qualitativo e quantitativo ottimale del cda. Nel corso della riunione, il Comitato ha anche delineato una proposta del profilo dei candidati alla presidenza del cda, conferendo mandato al vice presidente, Vincenzo Calandra Buonaura, per la presentazione delle proposte allo stesso cda». La regia formale, quindi, è passata su proposta del Comitato, da Rampl al docente di diritto commerciale in quota Carimonte. La composizione del cda dovrebbe uscirne ridotta da 23 a 19 membri, con l’adozione di profili di consiglieri più internazionali e competenti sui business del gruppo.
Ma tra una girandola di manager, fondatori e banchieri rivali il conclave Unicredit entra in stadio avanzato, ma i giochi non sono fatti. Anche perché i “papabili”, almeno quelli noti, hanno caratteristiche diverse. E ognuno un’affiliazione piuttosto rintracciabile con i maggiori azionisti. Quindi a Gian Maria Gros-Pietro (gradito a Caritorino) e Angelo Tantazzi (da Carimonte), si aggiungono Siniscalco e Orcel. Che ieri sono giunti a Piazza Cordusio «per motivi di business», dicono entrambi. Di fatto, però, Siniscalco ha un profilo istituzionale che non spiacerebbe ai soci, anche stranieri (compresa Aabar, di cui la Morgan Stanley per cui lavora l’ex ministro del Tesoro è advisor). E Orcel, già candidato ad dopo Alessandro Profumo, è un’antica passione di Paolo Biasi, e potrebbe servire per modificare perimetro e struttura del gruppo. Intanto, ogni peso massimo azionario sbandiera il proprio uomo, e marca quello dei rivali.
Cambiando banca, a Siena è giunto il via libera del Tesoro a che la locale fondazione ceda fino al 15,5% delle azioni Mps. Il ministero avrebbe raccomandato all’ente il rispetto degli impegni contrattuali con i creditori. Il riassetto del debito da un miliardo è il fine per cui quei titoli saranno ceduti (sono candidati i fondi chiusi Clessidra ed Equinox, e privati clienti di Mps). Ma prima la fondazione dovrà accordarsi con Credit Suisse e Mediobanca, che chiedono di sottrarre agli altri nove del pool il privilegio sul rimborso.
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