Un candidato carneade La prima mossa di Obama

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Dopo che il neo-con Robert Zoellick, nominato da George W. Bush, non aveva avuto chance e interesse per un secondo mandato alla guida della più grande istituzione di sviluppo al mondo, erano emersi vari candidati, negli Usa come nel resto del pianeta. Obama non ha raccolto l’auto-investitura di Jeffry Sachs, ben noto economista della Columbia University di New York, e scelto invece un americano di origini sudcoreane, forse per dare un taglio più «sviluppista» alla sua nomina. Questa volta, infatti, per gli Stati Uniti esiste un problema nel mantenere la tradizione non scritta che vige dalla Conferenza di Bretton Woods del 1944, secondo cui la guida della Banca va a un americano e quella del Fondo monetario internazionale a un europeo.
Lo scorso anno gli europei hanno faticato non poco a piazzare la francese Christine Lagarde al vertice del Fondo, vista la presenza di forti candidati del sud del mondo. Ma in quella gara i paesi emergenti non hanno voluto forzare la mano, sapendo che così, tramite il Fondo, avrebbero potuto svolgere un ruolo attivo nel salvataggio delle economie europee in preda alla crisi del debito. Mossa saggia, considerando l’evoluzione degli eventi negli ultimi mesi.
Oggi sul fronte della Banca, che presta solo nel «sud del mondo», la situazione è diversa. Gli altri due candidati del sud hanno forte credenziali e potrebbero incassare un più forte e netto sostegno dei «Brics». L’attuale numero due della Banca, la nigeriana Ngozi Okonjo-Iweala, è in piena corsa. Donna e africana, seppur liberista, cosa c’è di meglio per rilanciare la credibilità  della Banca mondiale e della finanza per lo sviluppo, senza cambiare molto dell’approccio – fallimentare – esistente?
Ma è dell’ultima ora anche la candidatura del colombiano José Antonio Ocampo. Un keynesiano che porterebbe la Banca fuori dalla traccia liberista e privatista segnata da Zoellick, che di fatto l’ha resa sempre più un’investment bank. Ocampo ha un lungo curriculum ai vertici di strutture della Nazioni unite, ma gode anche di sostegno negli Usa per la sua lotta al narcotraffico. 
La partita è già  iniziata, a tutto campo. Giovedì prossimo al vertice dei Brics a Delhi si discuterà  della possibile creazione di una nuova banca multilaterale di sviluppo, promossa dai soli paesi emergenti. Una «Banca mondiale del sud», se volete. Un affronto politico e concettuale, più che nei fatti – le politiche economiche e gli strumenti finanziari dei Brics poco si discostano da quelle delle altre istituzioni internazionali – che conferisce grande forza alla nomina di un candidato del sud al vertice di H Street a Washington, come compensazione per frenare le mosse indipendenti dei Brics.
Ma forse Obama lo sa, motivo per cui ha optato per un professore forse bravo, ma sconosciuto e non esperto della materia, come candidato Usa. Qualcuno ha parlato di scelta «imbarazzante». Ma in realtà  Kim potrebbe essere la vittima sacrificale di un gioco più ampio, e di sicuro non ci si poteva permettere di bruciare un Larry Summers o lo stesso Sachs. Vedremo, ma in un verso o nell’altro è ormai inevitabile che la Banca cambierà , sotto la pressione dei Brics, già  oggi influenti all’interno del consiglio dei direttori. E’ solo una questione di tempo, sebbene non sia ancora chiaro in che direzione l’istituzione cambierà  e sotto la guida di chi.


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