Tutti pazzi per la guerra
Tanto che il presidente Obama, come si conviene per un gesto insano, è rimasto «scioccato». Invece è «sano» continuare una guerra per undici anni non solo senza risultati, ma dopo avere in modo a dir poco controproducente ucciso migliaia di civili con i bombardamenti «mirati». Perché colpire dall’alto dei cieli, con cacciabombardieri o droni indirizzati dai comandi unificati della Nato, lontano, da Tampa in Florida – è «azione necessaria, utile alla pace». Eppure basta guardare le aberrazioni delle ultime guerre, per scoprire che questa «follia» altro non è che la normalità . Nell’elenco – dall’Afghanistan all’Iraq – quella dei marine che eroicamente pisciano sui nemici uccisi, del Corano dato alle fiamme, di Abu Ghraib, delle stragi di Bagram, dei raid al fosforo bianco su Falluja. E del massacro di Haditha in Iraq, per citarne uno solo, quando, nel novembre 2005, casa per casa, strafatti di chissà che, i soldati di un plotone americano in perlustrazione massacrarono 24 bambini, donne e anziani. Ci hanno fatto un film negli Usa – (sul Vietnam ne hanno fatti 58mila di film, uno per ogni soldato americano rimasto ucciso. Ma avete mai visto un film vietnamita che parli dei due milioni di vittime civili?). Ma gli atti delle deposizioni per il processo su Haditha sono state ritrovati poco tempo fa da un inviato del New York Times in una discarica di Baghdad. Avere dichiarato la guerra all’Afghanistan come vendetta per l’11 settembre e quella all’Iraq per le armi di distruzione di massa che non aveva, è forse un atto di «salute mentale»? La risposta non serve: per questi massacri di centinaia di migliaia di esseri umani nessuno pagherà mai. L’impunità è la maggiore sindrome di «ragionevolezza» della nostra epoca.
Altro che «follia»: abbiamo costruito noi il manicomio attribuendo ai militari il compito di esportare la democrazia con le armi. E il manicomio appare sempre più in evidenza se si riflette che la più grande democrazia al mondo, gli Stati uniti, assegnano un quarto dell’intero bilancio federale agli armamenti. In conto c’è già che qualche «dissennato» Rambo impazzisca, come dimostrano le alte spese per sostenere le vite distrutte degli spostati sociali, i veterani delle tante guerre «umanitarie» della fine dell’ultimo millennio e di quello nuovo, sospesi tra suicidio e sopravvivenza.
E continuare a sostenere, in modo bipartisan come fa l’Italia, quel conflitto inutile e sanguinoso, e in aperto disprezzo della nostra Costituzione che bandisce la guerra come mezzo di risoluzione dei conflitti internazionali, non è pazzia ma «sostegno agli obblighi internazionali», ci ricorda incredibilmente un giorno sì e un giorno no addirittura il Presidente della Repubblica che sulla Costituzione dovrebbe vigilare. Così come impegnare, nell’epoca della scure dei tagli sociali, almeno dieci miliardi di euro per acquistare – e investire soldi pubblici in aziende private e per profitti privati – ben 91 cacciabombardieri F-35 non è demenza ma «adeguamento e ammodernamento della nostra difesa», sostiene il ministro-generale Di Paola, degno erede del già ministro dannunziano La Russa. Quello che solo pochi mesi fa in modo «savio» gettava da un aereo militare volantini sui cieli afghani per giustificare ai sudditi dell’impero le magnifiche sorti e progressive della nostra manìa bellica.
È la guerra, che si vuole corollario indispensabile alla crisi di questo modo di vivere, produrre e consumare, che è la vera follia. Con la logica da Rambo, che fa piangere gli italiani solo quando gli «indiani», come in Nigeria, siamo noi. E la sinistra in Italia «non esiste più», come ricordava Luigi Pintor, proprio a partire dall’adesione alla guerra. A noi, per impedire questa deriva demente e collettiva, non resta che la parte degli «scemi di guerra», di quei saggi capaci di farsi passare per matti pur di non partire per il fronte.
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