Trapani, la città  con due Cie: uno è nuovo, l’altro sembra un Opg

by Sergio Segio | 2 Marzo 2012 13:03

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TRAPANI – Il Centro di identificazione e di espulsione di contrada Milo a Trapani è stato aperto lo scorso 8 luglio e sorge ai piedi della collina di Erice. All’interno sono stati reclusi prevalentemente i tunisini arrivati a Lampedusa e a Pantelleria dopo il 5 aprile 2011. La costruzione è nuovissima e ciò rende forte il contrasto con l’altro centro di detenzione per migranti di Trapani, il Serraino Vulpitta, dove nel 1999 morirono in un rogo sei tunisini, tre arsi vivi e tre per le ustioni riportate. Una struttura fatiscente ricavata nei locali di un vecchio ospizio, che fa pensare a un classico manicomio e dove permane una tensione molto alta. Vi sono rinchiusi solo ex detenuti in attesa di rimpatrio.
Pubblichiamo il reportage dalla città  dei due Cie, in uno dei quali – quello di contrada Milo – Redattore Sociale è la prima testata giornalistica ad entrare dopo la riapertura dei Centri alla stampa decisa del nuovo ministro dell’Interno Cancellieri. Sei lanci, compreso il presente, e una galleria fotografica.

Un appalto  da sei milioni e seicentomila euro ‘iva esclusa’ per gestire per tre anni il nuovo Centro di identificazione e di espulsione di contrada Milo a Trapani. Se l’è aggiudicato la cooperativa Oasi di Siracusa, battendo la cooperativa Insieme del consorzio Connecting People, nato proprio a Trapani e da anni gestore di Cie e Cara per richiedenti asilo in tutta Italia. Il nuovo centro di detenzione per migranti non in regola con il permesso di soggiorno è stato aperto in anticipo, l’8 luglio 2011 per rinchiudere prevalentemente i tunisini sbarcati a Lampedusa dopo il 5 aprile. Chi è arrivato dalla Tunisia dopo quella data, in cui sono stati firmati i nuovi accordi tra il governo italiano e quello transitorio tunisino, doveva essere rimpatriato e non aveva più diritto al permesso umanitario assegnato alla prima ondata di profughi della rivoluzione.
Non hanno aspettato nemmeno il collaudo della struttura, che c’è stato a novembre. A gestirlo temporaneamente dall’apertura fino a oggi è stata la cooperativa Insieme, che pur avendo fatto ricorso contro l’esito della gara d’appalto, ha perso anche il ricorso. “Contestiamo ancora il prezzo troppo basso” dice Giuseppe Scozzari, presidente del consorzio Connecting People, che da luglio scorso è anche direttore del centro. Insieme ai funzionari della prefettura e della questura, Scozzari ci accompagna nella visita del Cie di Milo. Redattore Sociale è la prima agenzia giornalistica a entrare nella struttura. Le nuove gare d’appalto si fanno ormai su una base d’asta di 30 euro al giorno per ognuno dei migranti trattenuti nei Cie. “La cooperativa Oasi ha vinto sul ribasso d’asta a 27 euro, noi avevamo partecipato al rialzo con 38 – spiega Scozzari – quella cifra non si può sostenere, preferisco non lavorare piuttosto che non pagare i dipendenti”. Dall’appalto sono escluse le utenze che sono a carico della prefettura. Non è stato possibile conoscere i costi di costruzione del nuovo Cie, la prefettura di Trapani sostiene di non essere a conoscenza della cifra e che si deve interpellare il ministero dell’Interno.

La capienza massima è di 204 persone ma al momento ce ne sono 231 recluse, di cui 220 sono tunisini, cui si aggiungono un turco, un egiziano, cinque del Bangladesh, un cittadino della Repubblica Dominicana e tre marocchini. Nel Cie di Milo si sono verificati molti atti di autolesionismo. “Sono passati circa 700 ospiti da qui e abbiamo avuto almeno un centinaio di casi di autolesionismo” dice il dottor Giuseppe Cannizzo, specialista in medicina interna, che lavora nell’infermeria del Cie con altri tre medici e 5 infermieri, divisi su turni. “Molte ferite erano tagli procurati con attrezzi da taglio o a punta – continua il medico – se la sutura può essere effettuata qui la facciamo noi, ma due volte è capitato che li abbiamo portati in ospedale, serviva la sala operatoria perché si sono recisi le arterie delle braccia”. Tra i farmaci usati nel Cie ci sono anche alcuni psicofarmaci come le benzodiazepine (ansiolitici) e neurolettici antipsicotici come Talofen e Haldol. “Li diamo con prescrizione dello psichiatra, anche se qui siamo tutti specialisti – spiega il dott. Cannizzo – me le chiedono frequentemente perché sono le droghe dei poveri”. Le patologie più frequenti riscontrate sono sindromi influenzali, lesioni e traumi. “Perché cadono dalla doccia, scivolano fuori mentre giocano a pallone”. All’interno dell’infermeria ci sono solo apparecchiature meccaniche e non digitali. Sul piazzale del centro è parcheggiata un’ambulanza della Misericordia attrezzata per il pronto soccorso, serve a trapsortare i pazienti per le visite specialistiche esterne da fare presso le Asl.

 

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