Tolosa, assedio al killer della scuola “Ho vendicato i bambini palestinesi”

by Editore | 22 Marzo 2012 7:19

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TOLOSA – Il quartiere della Cà´te Pavée è immerso nel buio. Gas e luce sono stati tolti, il fanatico fondamentalista che ha ucciso quattro adulti e tre bambini è ancora asserragliato nel suo alloggio, al pian terreno di un condominio.

Ha promesso di uscire e di arrendersi, ma dopo diciotto ore è ancora asserragliato in casa. Mohamed Merah ha 23 anni, ha rivendicato l’uccisione di tre paracadusti e l’agguato alla scuola ebraica a tre-quattro chilometri dall’appartamento in cui vive. Le forze speciali che hanno circondato l’edificio hanno l’ordine di non ucciderlo, ma l’uomo è armato, pericoloso, promette di arrendersi ma può anche decidere di aprire il fuoco.

La tensione di una giornata lunghissima è resa più angosciante dal buio, punteggiato dal blu dei lampeggiatori della polizia. Le voci di un ultimatum al terrorista per costringerlo a uscire si mettono a circolare, senza trovare conferme.

Una ventina di poliziotti sarebbero pronti a snidare l’uomo. La città  aspetta l’epilogo di un incubo che dura da undici giorni.

L’ultimo atto è cominciato nella serata di martedì. Gli inquirenti hanno la certezza che Merah è il pluriomicida che semina il terrore nella regione di Tolosa. Alle 23,30 le forze speciali ricevono l’ordine d’intervenire. Vengono fermati la madre, il fratello e la compagna di quest’ultimo. I poliziotti del Raid (Ricerca assistenza intervento dissuasione) accerchiano il condominio al numero 31 di rue Sergent Vigné. Il terrorista vive al pian terreno, rialzato di qualche gradino rispetto alla strada. Sono le 3,10 quando tentano di sfondare la porta dell’appartamento. Sono pochi attimi drammatici. Merah reagisce e spara. Due poliziotti vengono feriti in maniera non grave, uno è salvo grazie al giubbotto antiproiettile. Il tentativo di sorprendere il giovane è andato a vuoto, altri tre assalti non danno risultati migliori. La madre viene portata sul posto, ma assicura di non poter riportare alla ragione il figlio. Comincia allora una trattativa sfibrante.

Il quartiere viene messo in stato d’assedio: polizia, pompieri, ambulanze. I giornalisti vengono tenuti a distanza, ma dall’alto dei condomini circostanti si riesce a intravedere quello in cui vive Merah. Un edificio grigio, triste. Le persiane dell’alloggio sono chiuse. Gli altri condomini sono in preda al panico. Non possono usciree temono di rimanere vittime di uno scontro a fuoco. Inviano sms a parenti e amici, parlano al telefono coi giornalisti, chiedono di essere evacuati. Vogliono tirarli fuori anchei poliziotti per evitare che il terrorista prenda qualcuno in ostaggio: da lontano si vedono le scale dei pompieri con cui vengono aiutati ad abbandonare le loro case.

Nel frattempo, un poliziotto parla con Merah. Nicolas Sarkozy ha dato un ordine preciso: il terrorista dev’essere preso vivo, bisogna convincerlo ad arrendersi e contrastare eventuali impulsi suicidi. Tra il negoziatore della polizia e Merah s’ingaggia una lunga e sottile schermaglia psicologica.

L’uomo racconta moltissime cose. Ha chiesto un walkie-talkie e in cambio ha gettato ai poliziotti una pistola. Afferma di aver agito da solo, rivendica la sua appartenenza ad Al Qaida, dice di non essere votato al martirio e di non avere rimpianti: ha ucciso i soldati «perché la Francia è impegnata in Afghanistan», ha freddato i bambini ebrei «per vendicare i bambini palestinesi». Aveva già  pianificato altri attentati: ieri mattina avrebbe voluto ammazzare un soldato all’uscita da casa e nel mirino aveva anche due poliziotti di stanzaa Tolosa. «Ho messo la Francia in ginocchio», assicura. Sarkozy gli risponde durante le esequie dei militari uccisi: «Voleva mettere la Repubblica in ginocchio, la Repubblica non ha ceduto».

Merah racconta di aver noleggiato due auto. Vengono ritrovate, a bordo ci sono armi. Poi indica il luogo dove ha nascosto lo scooter Yamaha usato peri tre attentati: gli agenti lo trovano con due caschi.

Secondo gli inquirenti, il giovane parla in continuazione per spiegare la sua ideologia, le sue ragioni, il suo fanatismo. Sostiene di aver messo su Internet le immagini degli agguati, ma nessuno riesce a rintracciarle. La sua lucida follia lo spinge a parlare come un fiume in pienaea ritardare il momento dell’arresto. Promette di arrendersi nel pomeriggio, poi rimanda alla sera. Secondo il ministro dell’Interno, Claude Guéant, vuol essere sicuro di non essere ucciso. Le ore passano, l’attesa è sfibrante, i poliziotti contano sulla stanchezza per far cedere il giovane. Durante il lungo assedio, gli investigatori rivelano come sono arrivati a Merah. Il primo soldato ucciso aveva messo in vendita una moto su Internet e dai controlli su 576 connessioni viene fuori anche la linea intestata alla madre del terrorista.

Ma i sospettati sono una quindicina, non c’è solo lui.

Oltretutto, gli investigatori non sanno dove abita. La svolta arriva dopo la strage nella scuola ebraica: un concessionario della Yamaha racconta la visita di un giovane, un vecchio cliente. È Merah o suo fratello. Che chiede informazioni su come disattivare l’antifurto gps. Adesso c’è la certezza, il domicilio del fanatico viene così individuato, l’assalto può essere lanciato.

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