Sulla Siria state sbagliando

by Sergio Segio | 14 Marzo 2012 8:28

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Per ottenere questo obiettivo, concludete, questa coalizione sta sostenendo con soldi e armi l’opposizione armata al regime siriano, molto ambigua per la presenza di forze islamiste radicali, e non scarterebbe nemmeno l’opzione dell’intervento militare, come già  fatto contro la Libia. Sono uno di quei pacifisti che, assieme a tanti altri, ha sempre levato la propria voce contro le cosiddette guerre umanitarie, dall’Iraq al Kossovo all’Afghanistan alla Libia. Per quello che posso capire, penso anch’io che sulla pelle del povero popolo siriano si stanno giocando molte partite sporche, e non certo in nome dei diritti umani, della giustizia e della libertà .
Ciò detto, negli articoli che ho letto non viene dato alcun rilievo alle due questioni che un giornale pacifista e comunista avrebbe dovuto considerare centrali. Prima di tutto, che alle proteste per chiedere maggiore libertà  e giustizia, il regime siriano ha da subito risposto con una violenza bestiale, scatenando i suoi temutissimi servizi segreti nella repressione, e ciò ha inevitabilmente convinto una parte dell’opposizione a scegliere la strada della lotta armata, pericolosissima specie in una società  multietnica e multiconfessionale come quella siriana; in secondo luogo, che lo spettacolo drammatico cui il mondo sta assistendo ormai da giorni, il bombardamento con l’artiglieria pesante di un esercito potente come quello siriano di interi quartieri di una città  di 800.000 abitanti, Homs, perché in essi si annidano le forze armate dell’opposizione, è una vergogna e una barbarie che non può essere in nessun modo sminuita o sottaciuta. Mi sarei aspettato che il manifesto, di fronte ai morti e al terrore causati da quelle bombe che cadono tra la popolazione civile (bambini compresi, sappiamo che le bombe non sono molto intelligenti) non avrebbe avuto alcun dubbio a indicare chiaramente chi è il repressore e chi l’oppresso, chi il macellaio e chi la vittima innocente. Ho letto invece con profondo dispiacere solo le allusioni ad un “gioco al rialzo” da parte delle organizzazioni dell’opposizione siriana (della quale giustamente evidenziate le divisioni, le ambiguità  e le violenze verso i civili di altre comunità  religiose) perché starebbero gonfiando le cifre dei morti, specie civili, allo scopo di creare una maggiore indignazione e reazione nella comunità  internazionale. Tutti sappiamo che queste cose possono succedere, che la prima vittima di ogni guerra è la verità , e che in una guerra civile – il tipo peggiore di guerra – la violenza viene commessa da tutte le parti; ciò nonostante, chi vuole preparare il terreno a un’umanità  migliore dovrebbe dire innanzitutto, e con tutta la forza che ha, che i morti sono comunque tanti, troppi, diverse migliaia da marzo dello scorso anno, nessuno ne sa il numero, e che la gran parte sono stati sicuramente ammazzati dal regime, moltissimi civili, sembra centinaia di bambini. E che alla fine di un altro giorno di bombardamenti dell’esercito di Assad ne siano morti altri 50 o 100 o 200, a seconda delle fonti d’informazione, non fa alcuna differenza: l’unica cosa da dire è che è sempre un prezzo inaccettabile. Saluti pacifisti ed i miei più grandi auguri per il vostro/nostro futuro.
Carlo Villarini

Ma quale equidistanza
Se non fosse così tragico sarebbe da ridere. Mentre da settimane Homs è sotto le bombe, mentre da ormai un anno gli sbirri della famiglia Assad uccidono, rastrellano, torturano chi chiede dignità  e libertà , il manifesto continua con la sua “equidistanza” tra insorti e dittatura. In fondo ci sono “ammazzamenti da una parte e dall’altra” (14/2) o, cosa ovvia sul manifesto, nato tra stragi di Stato…, gli ordigni esplosivi che fanno strage «non sono certo piazzati da agente del regime di Assad» (Marinella Correggia 27/1). Care/i compagni/e, altro che “equidistanza”, tra chi si è ribellato al regime e il regime degli Assad, gira e rigira, scegliete Assad. E la linea delirante del Réseau Voltaire ben noto in Francia per le sue tesi “complottiste” portate avanti dall’11 settembre, e gli articoli di Silvia Cattori in cui il sionismo diventa “ideologia ebrea”. Bella compagnia! Comunque al di là  di questo squallore, la cosa politicamente grave è che non lasciate nessuno spazio di dibattito a chi nell’opposizione siriana tutta (e basta con la barzelletta del Cns “venduto” e del Ccn “puro”), e tra noi compagni/e si chiede come portare avanti il sostegno a chi crepa sotto le bombe pur di non vivere più sotto il ricatto del terrore e il rifiuto di un intervento miltare esterno.
Insomma, è impossibile non farsi domande e cercare risposte. Quelle che riesco a darmi sono queste: a) Il pacifismo di alcune/i che li porta ingenuamente a prendere per buone informazioni di chi il pacifismo strumentalizza. b) Assad “pro- palestinese” e che dunque va difeso. Peccato che abbia sempre usato la Palestina fare tacere la dissidenza interna e per indebolire i paesi limitrofi, finanziando a casa loro gruppi islamisti che massacrava in Siria. E che non abbia mai fatto nulla di serio per recuperare il Golan. c) Un po’ di veterocomunismo che vede ancora in Castro – e ora in Chavez – un campo “di sinistra” da sostenere. E Chavez ha dichiarato che il suo “amico” Assad è un “umanista”. d) La paura per la strada aperta dalle “primavere araba” ai gruppi islamisti. E qui, caro Matteuzzi, lascia che una vecchia e noiosa insegnante di francese ti ricordi che dopo la caduta della monarchia (1789) ci vollero 90 anni molto travagliati prima che la repubblica diventasse forma di governo stabile (1879) e 116 anni per arrivare alla separazione di Stato e Chiesa (1905), senza parlare poi del voto alla donne. E che dunque dichiarare dopo neanche un anno la primavera araba morta, mi sembra un po’ prematuro! e) Un’antiglobalizzazione che vede nei Bric in ascesa un antidoto al neoliberismo imperante e si schiera dunque dalla loro parte. Tacendo che la Russia sta cinicamente usando la crisi siriana per negoziare con gli Usa sullo scudo antimissili, e l’uso di Tartous. Altro che negoziazione tra le opposizioni e Assad….
Liliana Boccarossa

Come Ponzio Pilato
Siria: quanti venerdì di protesta (e di stragi) sono passati in otto mesi del 2011, prima che si formasse l'”Esercito libero siriano” (Els)? Venticinque, trenta o di più? La sinistra italiana, nonostante le divisioni in due tronconi dell’opposizione siriana, aveva dimostrato una cauta simpatia per i dimostranti, per le proteste di piazza, ma non altro: non ha mosso un dito affinché la repressione fosse fermata e non si desse adito a interferenze straniere. Eppure non siamo più negli anni ’60, quando si sussurava che il Baath socialista siriano finanziasse un partito italiano, poi discioltosi. A sinistra si sperava, fregandosi le mani, nel vaticinio che si ripetesse una nuova Libia per sussumere la rivolta di popolo sotto la cifra dell’intervento imperialista, potendosi così, tra l’altro, in qualche modo uniformarsi al linguaggio sprezzante del dittatore Assad, che da subito, di fronte a gente disarmata, aveva definito chi andava in piazza come “terrorista”.
Filisteismo: è bastato che si formasse un nucleo consistente di militari disertori che, non solo si rifiutavano di sparare sulla folla, ma affiancavano la protesta, perché quanto accadeva in Siria fosse omologato, alla stregua delle dichiarazioni e degli interessi russi e cinesi, sotto la dizione generica di “violenze”, non meglio qualificate e addebitate. Ora è un gioco da ragazzini dimostrarsi apparentemente super partes, appoggiando di fatto il regime dalle diciassette polizie segrete e di altro ancora. Di Ponzio Pilato nella storia non ce ne è stato solo uno.
Giacomo Casarino, Genova

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Risponde Matteuzzi

La prima cosa che viene da dire, di fronte a queste lettere sulla crisi siriana e di come la stia trattando “il manifesto”, è: ma, cari compagni e lettori, la vicenda della Libia – prima la «guerra umanitaria» e poi il caotico, violento, secessionista post-guerra in corso – non ha insegnato niente? Non è lecito, anzi d’obbligo, almeno per un giornale come il nostro, alimentare qualche dubbio sui e qualche presa di distanza dai modi in cui la «narrazione» (come si usa dire adesso) e la lettura della crisi siriana vengono presentate dall’Occidente in generale, da paesi quali l’Arabia saudita e il Qatar, dalla stampa mainstream, italiana e internazionale (facciamo due nomi a caso, la Repubblica e al Jazeera)?
Allora ribadiamo qualche punto fermo e avanziamo qualche domanda.
1) Noi, come “manifesto”, non stiamo adesso con Assad, come sulla Libia non stavamo con Gheddafi. Questo deve essere chiaro. Durante la guerra libica e adesso durante la guerra siriana, abbiamo sempre (sempre) scritto che dovevano andarsene e che inevitabilmente alla fine se ne sarebbero andati (nel senso che sarebbero stati cacciati). Quindi nessuna «scelta» per Assad, nessun «filisteismo», nessun «ponziopilatismo». Semmai, e lo rivendichiamo, il rifiuto del «pensiero unico» e della «narrazione a senso unico».
2) Rispetto alle legittimissime critiche di questi nostri compagni e lettori sulla copertura della crisi siriana, siamo noi a chiedere se e cosa ci avrebbero scritto se il manifesto avesse seguito il mainstream di politica e informazione sulla vicenda libica (ricordano i lettori quando la qatariota al Jazeera, presa per oro colato, la Repubblica e compagnia cantante, sparavano le notizie sui 10 mila morti a Tripoli, sulle fosse comuni e altre colossali balle?). Come spiegano che, adesso, della «nuova Libia», (esecuzioni extragiudiziarie, torture sistematiche, razzismo, radicalismo islamico, milizie fuori controllo…, il tutto documentato da Amnesty, da Human Rights Watch, Croce rossa e perfino dall’Onu che a suo tempo avallava la panzana dell’«intervento umanitario a protezione dei civili») i Sarkozy, i Cameron, gli Obama (e purtroppo anche i Napolitano) non profferiscano più parola, al pari dei giornali e tv mainstream?
3) Come non capire che il dittatore Assad e i suoi sanguinari servizi possono fare le nefandezze che stanno facendo in Siria, anche (anche) perché i Sarkozy, i Cameron, gli Obama (e purtroppo anche i Napolitano) e una Onu sempre più succube delle potenze centrali dell’Occidente hanno fatto in Libia quel che hanno fatto con il trucco della risoluzione 1973 sulla «protezione dei civili con qualsiasi mezzo» (ossia tramite i bombardieri della Nato)?
4) Come si spiegano l’attivismo sfrenato (e miliardario e militare) di paesi come l’Arabia saudita e il Qatar a fianco degli insorti di Libia e Siria? Carlo Villarini scrive che lui pensa «che sulla pelle del povero popolo siriano si stanno giocando molte partite sporche e non certo in nome dei diritti umani, della giustizia e della libertà ». Giusto, ma sono solo le pessime Russia e Cina a giocarle?
5) In realtà , io credo che la scandalosa impotenza della «comunità  internazionale» (con l’eccezione rivelatrice delle petro-monarchie del Golfo) a fermare la macelleria prima in Libia e ora in Siria (e anche in Yemen e Bahrain, ma quelle passate sotto silenzio: come mai?) sia un effetto diretto di un «interventismo umanitario» che in tutti i casi precedenti («dall’Iraq al Kosovo all’Afghanistan alla Libia», scrive giustamente Villarino, e io ci aggiungerei anche Haiti e Somalia) si sono rivelati tutto fuorché «umanitari», mentre in altri casi, quando un «interventismo umanitario» gridava la sua necessità  (qualcuno si ricorda il genocidio del Ruanda?), non c’è stato alcun intervento (per colpa di chi?).
6) “Il manifesto” non è affatto «equidistante tra insorti e dittatura», come ci accusa Liliana Boccarossa. Ma ha distinto e continuerà  a distinguere fra situazioni affatto diverse che richiedono letture e giudizi diversi, anche se tutte vanno sotto un ombrello di comodo (troppo comodo) di «primavera araba». Le rivolte o «rivoluzioni» in Tunisia ed Egitto (e anche quella misconosciuta e abbandonata a se stessa del Bahrain) sono una cosa, le rivolte e rivoluzioni in Libia e Siria un’altra. Ma davvero Liliana Boccarossa pensa che non si tratti, in entrambi i casi, di tentativi (mal) mascherati di «regime change» etero-diretti? Altro che «rifiuto di un intervento militare esterno»…
È vero che i parametri di giudizio politico sono cambiati, che bisogna trovare nuovi strumenti di interpretazione della realtà . Ma, primo, questi nuovi strumenti non mi sembra che siano stati ancora compiutamente trovati e, secondo, bisogna fare attenzione che dietro a molti dei pretesi nuovi strumenti non si nascondano in realtà  quanto di più vecchio esista nella storia del «secolo breve» appena concluso.
Detto questo, per favore continuate e comprarci, leggerci e… polemizzare.

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