Slogan Mancato per le Bimbe Cinesi

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Ma alla fine la campagna, progettata per affermare la forza, la bellezza, l’unicità  di ogni donna, è saltata. Ed è un vero peccato. Stretta nella morsa del regime comunista da una parte e del sistema patriarcale tradizionale dall’altra, la Cina è ancora un posto dove l’individuo, tanto più se femmina, fatica ad emergere. Dove «allevare oche è sempre meglio che allevare figlie», come dice un vecchio proverbio. Le prime almeno fanno le uova. 
Secondo il censimento del 2011 la spettacolare crescita economica dell’ultimo decennio ha ridotto la sproporzione demografica tra maschi e femmine: secondo una stima preliminare le donne cinesi che mancano all’appello sono passate da 40 a 33 milioni. Ma troppe bambine vengono ancora uccise, abbandonate o abortite a causa del loro sesso. Ogni 100 femmine, nascono in media 118 maschi. Interrompere la gravidanza dopo che l’ecografia ha rivelato il sesso fetale è proibito, ma quel che serve, oltre ai divieti, è una trasformazione sociale e culturale da perseguire con inventiva e determinazione. 
Le donne di successo in Cina sono una élite in crescita ed è proprio a loro che la campagna intendeva rivolgersi. L’ideogramma Ni Shi doveva comparire come un luccichio sulle labbra scarlatte di un volto da copertina, declinando l’essere donna in nuovi modi. «Tu sei: una pensatrice, un’artista, una forza, una madre, una figlia». E dunque, implicitamente, non solo un funzionario del Partito Comunista, un’operaia alla catena di montaggio, una contadina costretta ad avere un figlio unico (per legge) e maschio (per tradizione). 
Il lancio dell’iniziativa era stato annunciato da una rivista americana che si occupa di cultura innovativa di impresa (FastCompany), al termine di una gara in cui i creativi più dotati del panorama internazionale si erano sfidati per rilanciare l’immagine delle figlie femmine in un mondo in cui la preferenza per i discendenti maschi è ancora diffusa. Tra le proposte selezionate c’era anche la finta pubblicità  della biografia di una geniale manager dagli occhi a mandorla, che avrebbe potuto fondare un impero hi-tech se solo le fosse stato consentito di nascere e crescere. Resterà  solo una provocazione su carta. L’idea del rossetto invece è diventata realtà , ma in tono minore e in versione riveduta e corretta per il pubblico occidentale. L’obiettivo è diventato convincere il maggior numero possibile di utenti di FacebookTwitter a propagare in modo virale, l’8 marzo, lo stampo rosso di un bacio, con la scritta: Rock the lips, because women rock (mostra le labbra, perché le donne spaccano). Un simbolo sexy diempowerment per chi è stanco della mimosa, più adatto alle donne americane che a quelle cinesi. 
Nel Paese del drago campeggiano ancora i manifesti a sostegno del modello familiare ristretto. Negli ultimi anni accanto a mamma e papà  è comparsa una femminuccia al posto del solito maschietto e anche gli slogan si vanno ammorbidendo: invece di minacciare sanzioni per chi fa un figlio di troppo, affermano: «Meno fertilità , più qualità . Maschi e femmine sono tutti tesori». È un passo avanti. L’ideogramma Ni Shi voleva spingersi oltre, affermando che ogni donna è unica e insostituibile. Come operazione di rebranding, questo sì sarebbe stato un balzo in avanti. Una rivoluzione.


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