by Editore | 23 Marzo 2012 8:58
ROMA – Alla fine il dolore ha vinto. Si è lanciata nel vuoto, dal sesto piano di una palazzina alla periferia di Roma e si è portata via tutti gli incubi del passato senza neanche lasciare un biglietto. È morta alle 11 e 30 dello scorso sabato, Fakhra Younas, l’icona dell’emancipazione femminile nel mondo islamico, la donna pakistana alla quale il marito aveva cancellato il viso con l’acido.
Si è uccisa in via Segre, a Tor Pagnotta, la danzatrice di Karachi che fuggì dal suo paese e arrivò in Italia nel 2001 dopo che il marito geloso, figlio di un influente uomo politico pakistano, l’aveva sfigurata con l’acido nel sonno. Fakhra, ad appena vent’anni, aveva chiesto il divorzio, stanca delle violenze e delle umiliazioni che era costretta a subire. Col figlio, Nauman, oggi diciassettenne, al quale la bellissima ballerina aveva riservato tutto il suo amore, si trasferì in un’altra casa, mettendo fine all’unione. Quell’affronto venne punito dal marito che le sciolse il sorriso e l’entusiasmo di vivere. Riconquistare la serenità è sempre stato un percorso in salita per lei.
Quando arrivò a Roma, 11 anni fa, si sottopose a 39 interventi di chirurgia plastica per riavere un volto normale, ma non c’è stato bisturi in grado di lenire le sue ferite dell’anima. Tanto che non fu mai abbandonata da équipe di psicoanalisti. Nel 2005, subito dopo l’uscita del suo libro “Il volto cancellato”, poi tradotto in molte lingue, sembrava aver riacquistato la serenità . Negli anni successivi, però, tentò di togliersi la vita per tre volte, ingoiando psicofarmaci e alcol. Salvata in extremis in tutti e tre i suoi tentativi, Fakhra oscillava tra depressione e tranquillità , momenti di fragilità e di forza.
«È una morte che mi rattrista molto – ha detto Elena Doni, la giornalista coautrice del libro – perché lei era un sogno di riscatto che non si è verificato. Purtroppo, nonostante l’impegno di molte persone che hanno cercato di aiutarla, non si era mai integrata completamente. Aveva avuto un passato molto difficile, segnato prima dalla vita con la madre, una prostituta, e poi dalle violenze del marito».
Il professor Valerio Cervelli, il chirurgo plastico che l’ha operata 39 volte e l’ha sempre seguita, quando ha saputo della morte di Fakhra ha pianto. «L’ho sentita per l’ultima volta due settimane fa e fisicamente stava bene, ma a volte le ferite interiori sono molto più difficili da curare e penso siano queste ad averla spinta a questo gesto». Seguita da uno psichiatra, negli ultimi tempi non si presentava più agli appuntamenti. «Non doveva mai essere lasciata sola – ha spiegato una delle operatrici che l’ha assistita durante il periodo di permanenza nella casa di accoglienza madre-bambino dell’Infernetto – Per questo, quando la trasferirono nell’appartamento del residence di Tor Pagnotta, dove avrebbe dovuto essere autonoma, eravamo preoccupate. Senza una continua assistenza si sentiva abbandonata». Il suo corpo è rimasto ai piedi del residence comunale “Madre Teresa” fino all’arrivo del figlio da scuola.
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