Sempre più poveri e si infiamma lo scontro elettorale

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Tre milioni sono «grandi poveri», con meno di 600 euro al mese. Negli ultimi 10 anni, la povertà  è sempre stata in crescita e tocca soprattutto giovani senza qualifiche, donne pensionate, famiglie monoparentali. Inoltre, c’è un 7% di lavoratori poveri. Sono i dati diffusi ieri dall’Osservatorio nazionale sulla povertà  e l’esclusione sociale, che confermano le cifre dei Restos du coeur: quest’inverno, 900 mila persone si sono rivolte a questa organizzazione umanitaria fondata da Coluche, che ha servito 115 milioni di pasti. 
Franà§ois Hollande vorrebbe riportare il dibattito della campagna elettorale sulle questioni che preoccupano di più i francesi – lavoro, salari, scuola, casa – dopo i drammi di Tolosa e Montauban, che avevano scatenato destra ed estrema destra su sicurezza e immigrazione. Ma Hollande sta perdendo terreno, inseguito a sinistra da Jean-Luc Mélenchon del Front de Gauche, che un ultimo sondaggio dà  ormai al 14%. «Come non capire che ci sia collera di fronte ai disordini generati dal capitalismo finanziario e indignazione di fronte alle ingiustizie?», reagisce Hollande. «Ma il mio compito è vincere le elezioni – aggiunge – e riuscire a cambiare la politica della Francia e a dare un’altra direzione all’Europa». 
A poco più di tre settimane dal primo turno, la tensione cresce a sinistra, mentre Sarkozy recupera terreno. La crescita di Mélenchon complica la vita a Hollande per il secondo turno. Il leader del Front de Gauche dirà  ai suoi elettori che bisogna «battere Sarkozy», ma ha già  fatto sapere che non entrerà  nel governo di Hollande. Tra la sinistra di governo e il Front de Gauche esistono vere differenze. Mélenchon chiede che il Fiscal Pack Ue venga azzerato e sostituito da un nuovo testo che favorisca l’occupazione, da sottoporre a referendum. Hollande ha promesso di non ratificare il patto di bilancio, firmato da 25 paesi ma non ancora votato in nessun paese. C’è però il precedente del Patto di stabilità  del ’97: allora il premier Lionel Jospin aveva solo ottenuto che venisse aggiunta la dicitura «di stabilità  e di crescita» per approvarlo. È questa la posizione dell’Spd tedesca, che nel 2013 potrebbe succedere a Angela Merkel. Mélenchon è anche favorevole a una tassazione al 100% degli alti redditi, al ritorno alla pensione a 60 anni e al rialzo dello Smic (salario minimo) a 1700 euro. 
Conquista terreno in Francia la richiesta di una reazione europea di tipo «protezionista». Un rapporto ordinato dai ministeri degli esteri e dell’industria, reso pubblico ieri, delinea la lotta contro la «mondializzazione sleale»: non solo «reciprocità » con i paesi a bassi salari, ma una serie di misure per un «libero scambio onesto», che permetta di stabilire delle regole all’entrata dei prodotti nella Ue; aiuti pubblici alle industrie in crisi e interventi a favore della piccola e media industria (proposta contenuta nel programma di Hollande e ventilata anche da Sarkozy). Il Forum democratico e il Manifesto per un dibattito sul libero scambio (di cui fanno parte economisti come Jacques Sapir, Jean-Luc Gréau o Philippe Murer) hanno messo in linea una petizione «Per un protezionismo europeo»: «L’installazione del libero scambio totale tra Europa e paesi a bassi salari come la Cina si è tradotta in una catastrofe economica e sociale», scrivono, con 23 milioni di disoccupati e 80 milioni di poveri, l’apparizione dei working poors, la crescita del precariato, il crollo delle classi medie, la stagnazione o il calo dei salari, l’esplosione delle ineguaglianze. Si invoca quindi una «protezione comunitaria alle frontiere europee».


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