Sbarramento e collegi Accordo tra i leader
ROMA — A sentire i tre leader Angelino Alfano, Pier Luigi Bersani e Pier Ferdinando Casini che vi hanno partecipato, il vertice di maggioranza è stato «buono», «cordiale», «costruttivo» perché si è registrato un accordo sulle riforme costituzionali da fare, mentre sul sistema elettorale si è convenuto su un ulteriore approfondimento entro un paio di settimane. Sia le une sia l’altro verranno presentati in Senato, dove sono già incardinati numerosi progetti di revisione. E proprio per questo, dopo il monito del premier Monti alla maggioranza, Giorgio Napolitano esprime «il vivo apprezzamento per l’impegno assunto da Pdl, Pd e Terzo polo a collaborare per avviare senza indugio» queste riforme. Il presidente dell’assemblea di Palazzo Madama, Renato Schifani, incontrando al Quirinale il Capo dello Stato, si impegna a «vigilare» sul rispetto dei tempi di approvazione.
Sulla riforma elettorale si è optato per un disegno di legge che dovrebbe impegnare senatori e deputati per non più di tre mesi. Il testo non è ancora pronto e i tecnici dei partiti torneranno a vedersi nei prossimi giorni per stenderne uno che metta d’accordo tutti. Ma il leghista Roberto Maroni boccia quel poco che si conosce: «È una porcata della triplice fare una riforma con cui si sceglie la maggioranza dopo il voto, togliendo questo diritto ai cittadini».
Allo stato attuale si ipotizza un sistema fondato sui collegi (le preferenze non hanno un grande appeal) nel quale scompaiono le coalizioni, mentre resterebbero l’indicazione preventiva del premier e una soglia di sbarramento (si parla del 4 o del 5%). Sarebbe previsto inoltre un diritto di tribuna per i minori e un premio di governabilità (al primo oppure al primo e al secondo partito). Dal punto di vista formale, per la modifica del sistema istituzionale (la bozza è ormai definita) si ricorrerà a un emendamento soppressivo degli altri testi in commissione, sottoscritto da Pdl, Pd e Terzo polo, in modo da accelerare l’iter che potrebbe durare, se non vi saranno intoppi, non meno di 7-8 mesi, dato che per le leggi costituzionali sono necessarie due letture in entrambi i rami del Parlamento.
Il nuovo impianto istituzionale, in estrema sintesi, prevede la riduzione del numero dei parlamentari (da 630 a 500 deputati e da 315 a 250 senatori); il rafforzamento dei poteri del capo di governo che potrà nominare e revocare i ministri; si introduce la sfiducia costruttiva, cioè non sarà possibile per Camera e Senato votare la sfiducia al governo in carica se, contestualmente, non si dà la fiducia ad un nuovo esecutivo; c’è il superamento del «bicameralismo perfetto», nel senso che Montecitorio avrà la «potestà esclusiva dello Stato» mentre a Palazzo Madama spetterà la cosiddetta «potestà legislativa concorrente», cioè ripartita tra Stato e Regioni.
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