Sator-Palladio, un miliardo per Fonsai e Milano

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MILANO – Il giorno dopo l’assemblea dell’aumento di capitale di Fonsai, Sator e Palladio illustrano alla comunità  finanziaria il loro piano. Alternativo ovviamente a quello di Unipol («Che sembra complicato perché lo è», la cui esclusiva verrebbe a decadere alla prima modifica) e secondo i conti dei due autori (Matteo Arpe e Roberto Meneguzzo) anche più mirato (nell’ipotesi del doppio aumento Unipol-Fonsai, alla fine il capitale davvero disponibile per la compagnia dei Ligresti sarebbe di 1.230 milioni contro gli 1.040 – ma solo per Fonsai – di Sator-Palladio). Tuttavia, ieri anche sul fronte opposto è stato fatto un significativo passo avanti: le banche creditrici di Premafin, infatti, sono arrivate ad un passo dalla formalizzazione della famosa “comfort letter”, necessaria tra l’altro a sbloccare l’approvazione del bilancio nel presupposto della continuità  aziendale della società . A quanto si apprende stanno arrivando le firme, anche della riottosa Gec, a quella che tecnicamente viene definita una “highly confident letter”, con cui i sette istituti si impegnano a «presentare al più presto ai rispettivi comitati la proposta di ristrutturazione del debito, sulla base di quanto discusso».
Gli obiettivi del piano industriale alternativo prevedono premi lordi nel ramo danni per 7,4 miliardi al 2015 (dai 7,1 attuali) un miglioramento del combined ratio da 112,1 a 97%, un utile netto superiore ai 420 milioni e un combined ratio a fine periodo superiore ai 160 punti. Ma forse la novità  più rilevante è che nell’ipotesi dei due fondi la fusione Premafin-Fonsai viene esclusa categoricamente (ora e per sempre) mentre al suo posto viene rilanciata la fusione Fonsai-Milano assicurazioni. E ancora: Arpe e Meneguzzo prevedono di realizzare quanto prima una serie di cessioni, dalla serba Ddor (ormai da tempo considerata non più un affare dagli stessi Ligresti) alla Liguria e Sasa (messe inutilmente in vendita in passato e su cui si era concentrata l’attenzione – a prezzi non ritenuti interessanti dai venditori – del fondo Clessidra, di Claudio Sposito) alla Banca Sai; per non parlare di Atahotel, Popolare vita e delle altre attività  nel real estate e in settori minori e non strategici. 
Ma soprattutto, Arpe e Meneguzzo hanno confermato la loro idea di ristrutturazione del debito Premafin: «Alle banche creditrici di Premafin non chiederemo altro capitale, ma è necessario un grace period, un periodo di grazia di due anni per consentire la ristrutturazione e il rilancio di Fonsai», ha spiegato ieri Arpe. Ricordando che dell’esposizione presente nella holding, 150 milioni di debito sarebbero fatti confluire in un veicolo di Sator e Palladio (a monte di Premafin) 100 milioni sarebbero ripagati e 150 milioni andrebbero riscadenzati. In cambio, i due fondi sono pronti a mettere fino a 450 milioni nella holding (ma 50 milioni solo nel caso in cui gli azionisti attuali della compagnia non vogliano partecipare) per arrivare a controllare oltre il 60% della società  e partecipare all’aumento di capitale da 1,1 miliardi di Fonsai.


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