Santoro: «Sfida alla vigilanza Rai, mi candido in ticket con Freccero»

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Lo stesso leader dell’Idv nel frattempo twittava slogan come: «Siamo tutti d’accordo, la Rai è un bene pubblico come l’acqua». E ancora: «Non serve privatizzare la Rai. Bisogna restituirla ai leggittimi propietari, i cittadini».
Atmosfera propizia, insomma, per la doppia provocazione lanciata da Michele Santoro, salito sul palco del convegno a fare un bilancio della sua esperienza di autore-editore di Servizio Pubblico. Un’«idea utopistica», l’ha definita, capace di raccogliere «circa 400.000 euro di pubblicità  a puntata, e a fine stagione arriveremo a un totale di 4-5 milioni». Al di là  dei dati d’ascolto ballerini e delle chiacchere sulla fine dei talk show è «questo un risultato fino a poco tempo fa impensabile e che rispecchia la crisi della Rai. Evidentemente anche da parte degli investitori c’è una voglia di ribellarsi a un sistema bloccato che non viene rilevata dal sistema politico».
Via con la prima provocazione, dunque: «Vediamo se riusciamo a fare un ticket con Carlo Freccero per candidarci lui come presidente e io come direttore generale della Rai – ha detto Santoro – e speriamo di trovare via via anche candidati a membri per il cda. Vogliamo sfidare la commissione parlamentare di vigilanza presentando i nostri curricula. Lo dovrebbero fare tutti, le nomine dovrebbero essere volontarie». Rilanciata in breve su twitter e sui forum amici la proposta di rimettere insieme i Blues Brothers (detto con affetto), ha fatto in breve il pieno di consensi.
«Nulla vieta che il parlamento possa esaminare i curricula dei candidati e li possa ascoltare in seduta pubblica», aveva detto Antonello Falomi, articolando così la prossima strategia dell’Idv per cambiare l’azienda pubblica. Alla fine del percorso potrebbe esserci, al posto della Gasparri, una legge che inveri «l’articolo 43 della Costituzione che consente, per fini di utilità  generale, di trasferire a comunità  di utenti e di lavoratori servizi pubblici essenziali che abbiano un carattere d’interesse generale». Una fondazione, appunto. Ma in attesa di cambiare la Gasparri, bisogna consentire all’«editore della Rai, cioè i cittadini, di valutare le candidature per il vertice». E naturalmente non partecipare in alcun modo alla prossima spartizione delle poltrone, se le regole restassero quelle di oggi. «Ci è stato anche squallidamente proposto di mettere un nostro uomo in cda ma noi abbiamo rifiutato perché non vogliamo partecipare», ha detto Di Pietro, invitando il Pd a mantenere la stessa già  annunciata intransigenza in merito. 
Negativo anche il giudizio sulle incertezze (e gli annunci senza seguito) del governo Monti. «Il parlamento deve mettere tra le cose urgenti la riforma della Rai, – ha osservato ancora Di Pietro – perché senza Rai anche ciò che fa il governo può sembrare buono». A questo proposito Santoro ha invitato lo stesso governo a comprendere meglio «il ruolo dell’industria culturale nello sviluppo del paese». E qui, da consumato televisionaro, ha lanciato la seconda provocazione: «Forse si dovrebbero far spiegare l’importanza del ruolo della televisione dal governo precedente, e dovrebbero magari nominare Berlusconi ministro della televisione».


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