San Francisco sprofonda così il mare divora la baia
Le mareggiate si prendono trenta centimetri l’anno Allo studio un titanico progetto di dighe sul modello olandese
È uno dei panorami più celebri del mondo: la sconfinata spiaggia di Ocean Beach, dove il parco del Golden Gate s’interrompe su una magnifica distesa di dune. A Nord, dopo i faraglioni di Sea Cliff si apre la baia di San Francisco, a Sud la strada panoramica Highway 1 si snoda verso Carmel e Big Sur, luoghi sacri nella memoria della New Age e della generazione hippy. Un giorno tutto questo non esisterà più? Cambiamento climatico, effetto serra, el Nià±o, forze potenti sospingono l’oceano Pacifico a mangiarsi questo pezzo di California. Hollywood non tarderà a farne materia da film-kolossal del filone fanta-ambientalista: il ponte del Golden Gate travolto da uno tsunami è già un classico dell’immaginario cinematografico. Ma questa non è fantascienza, non c’è bisogno di tsunami, bastano i cavalloni che la marea abbatte sulla costa, per la gioia dei surfisti che accorrono qui dal mondo intero. Il lavorìo quotidiano dell’oceano sta divorando San Francisco un po’ alla volta.
La città più sofisticata d’America, la capitale mondiale dell’industria hi-tech, il cuore della Silicon Valley dove hanno sede Apple e Google e Facebook, scopre di avere un futuro precario e fragile. Sapevamo già di vivere sotto la minaccia del Big One, il super-terremoto che può “staccare” un pezzo di California e sommergerla per sempre. Ma il Big One è un evento imponderabile, una possibilità statistica collocata in un futuro impreciso. L’erosione della costa ad opera dell’oceano invece è una certezza, un processo lento e costante, sta succedendo sotto i nostri occhi. La lunga spiaggia di Ocean Beach è l’osservatorio perfetto: anno dopo anno, qui le mareggiate si mangiano tonnellate di sabbia, tante dune sono già state inghiottite dalle acque e non torneranno più. Ocean Beach si sta “ritirando” di 30 centimetri all’anno. Per un’ironia della sorte a poche centinaia di metri da Ocean Beach nel parco del Golden Gate l’Accademia delle scienze naturali ha voluto che Renzo Piano costruisse il suo museo dedicato all’ambiente: dove le scolaresche di San Francisco vanno a studiare il futuro del pianeta; e possono capire il “pericolo di estinzione” che incombe sulla loro città . L’innalzamento dei mari non è più solo il dramma di isolotti esotici come le Maldive; non riguarda popoli ancora poveri come gli abitanti del Bangladesh. È una metropoli dell’Occidente, quella che ha sfornato tutte le rivoluzioni tecnologiche degli ultimi 50 anni, la vittima predestinata.
Ma com’è possibile che tutta la ricchezza californiana non possa sconfiggere questo avversario? San Francisco ha ben altri mezzi rispetto al Bangladesh e alle Maldive. Eppure da anni un ambientalista come Mark Herstgaard, che vive proprio qui a Bolinas, lancia un allarme inascoltato: l’innalzamento degli oceani non è una calamità per soli poveri, da San Francisco a New Orleans alla stessa Manhattan gran parte delle metropoli americane sono situate a livello del mare, talvolta con interi quartieri che sono addirittura “sotto” rispetto alle alte maree. Il dilemma di Ocean Beach dimostra che la ricchezza può non essere sufficiente. Proteggere questa spiaggia non è solo un problema paesaggistico e turistico. A pochi metri da Ocean Beach corre appunto la Great Highway, la leggendaria statale numero uno che costeggia l’intera California fino a Los Angeles. È un’arteria di comunicazione importante, e può finire anch’essa distrutta dall’avanzata dell’oceano. Lungo la strada ci sono acquedotti che trasportano acqua potabile nelle case, depuratori degli impianti fognari: un’intera infrastruttura a rischio. Ben otto agenzie federali si sono mobilitate per studiare il da farsi, e si trovano confrontate a un dilemma inaudito: la California ha i mezzi per “opporsi” all’oceano? Oppure deve ripiegare su un piano B, e cioè prepararsi a cedere una parte del suo territorio alle acque e investire solo su progetti difensivi, per attenuare i danni alla popolazione? Uno studio recente della San Francisco State University calcola che in meno di 40 anni il livello dell’oceano sarà salito di 36 centimetri in altezza. «Le comunità locali dovranno fare delle scelte, e le decisioni prese qui in California saranno un test per tutta l’America», conclude il rapporto.
L’Army Corps of Engineers, l’agenzia federale del genio civile che ha competenza sulle grandi infrastrutture, ha immaginato un progetto titanico di dighe costiere sul modello olandese, per proteggere il territorio anche quando sarà stabilmente sotto il livello del mare. «Difendersi dietro una Grande Muraglia costiera – avverte l’oceanografo John Dingler – vuol dire rinunciare alla spiaggia, e alla vista». I tramonti di San Francisco un giorno scompariranno dietro una barriera? È un costo che pochi sono disposti ad accettare; ma le alternative non sono molto migliori.
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