by Editore | 8 Marzo 2012 8:01
ROMA — Finisce con un pareggio ma, proprio come capita nel calcio, il risultato lascia tutti scontenti e anche un po’ di ruggine difficile da mandare via. Nel giorno che segna il ritorno della politica al centro della scena, la partita tra il governo dei professori e il Parlamento si gioca sul decreto legge per le semplificazioni, sul quale oggi sarà votata la fiducia alla Camera per andare la prossima settimana al Senato. La linea del governo passa sulla scuola: l’emendamento della commissione che prevedeva l’assunzione di 10 mila insegnanti viene svuotato di numeri e degradato a dichiarazione di principio. Mentre sul fondo di riserva per le emergenze è il Parlamento ad avere la meglio superando, almeno per il momento, il parere contrario dell’esecutivo. Ed è proprio il fondo, dove il governo cede, a far vivere i momenti più agitati. Che cosa è successo?
Le commissioni Affari costituzionali e Attività produttive della Camera approvano un emendamento che cambia il meccanismo di finanziamento del fondo per le spese impreviste, 600 milioni di euro per i primi interventi in caso di calamità naturali. Quei soldi possono essere utilizzati dalle Regioni solo se alzano al massimo le accise locali sui carburanti e si impegnano a mettere nel fondo proprio tutti gli euro che incassano in più. Così il tesoretto dovrebbe rimanere sempre allo stesso livello, garantendo una riserva di sicurezza. L’emendamento proposto dai due relatori — Oriano Giovanelli (Pd) e Stefano Saglia (Pdl) — elimina quel meccanismo automatico di rifinanziamento, anche perché è difficile alzare ancora le accise con la benzina vicina ai due euro al litro. Il fondo diventerebbe quindi subito accessibile, naturalmente a patto che il governo dichiari lo stato d’emergenza. Bene così? Neanche per sogno secondo il sottosegretario all’Economia Gianfranco Polillo: «Così rimarremo senza fondo di riserva, il testo va cambiato, alla Camera oppure al Senato». Il Pd lo accusa con Roberto Zaccaria di «cercare visibilità », con Gianclaudio Bressa che minaccia di non votare la fiducia, anche se arriva subito il capogruppo Dario Franceschini a dire che non se ne parla proprio. Polillo risponde che «come me la pensano anche Grilli e, credo, pure Monti. Ero stanco, magari sono stato un po’ tranchant ma se non cambiamo è un disastro».
Tocca al ministro Filippo Patroni Griffi calmare le acque, annunciando che il governo metterà la fiducia sul testo uscito dalle commissioni, accogliendo quindi anche l’emendamento contestato, come poi ufficializza il ministro per i Rapporti con il Parlamento Piero Giarda. I relatori dicono che così il fondo non viene cancellato e anzi «finalmente quei soldi potranno essere utilizzati per davvero». Ma Polillo insiste, sventolando il parere della ragioneria generale dello Stato: «Senza quel meccanismo di finanziamento automatico basteranno due o tre sciagure per prosciugare le risorse. E poi, se succede qualcosa, cosa facciamo?».
Uno scontro che si spiega anche con la tensione del mattino sull’emendamento per la scuola, dove proprio il Pd si vede sbarrare la strada dal governo. È sempre Polillo a chiedere di cancellare la norma sui 10 mila precari da assumere alzando le tasse su giochi e alcol. Il nuovo testo dice che la scuola potrà essere finanziata con il Lotto e il Superenalotto, come già avviene per i beni culturali. Ma il percorso è pieno di punti interrogativi: i Monopoli dovranno verificare se sarà possibile rivedere le convenzioni con le società che gestiscono le scommesse, e le eventuali risorse aggiuntive potranno essere dedicate all’istruzione. Ma difficilmente saranno usate per le assunzioni visto che queste resteranno possibili solo «nei limiti di risparmi di spesa accertati». «Una norma inaccettabile» secondo la responsabile scuola del Pd Francesca Puglisi.
Senza le assunzioni degli insegnanti e con le nuove regole sul fondo per le spese impreviste la fiducia sul decreto sarà votata oggi alla Camera, il via libera arriverà però solo martedì prossimo per poi passare al Senato dove il tempo per la conversione scade il 27 marzo. Tra cartella clinica elettronica, multe pagabili via internet, migrazione di tutta la pubblica amministrazione verso l’online, fine del monopolio Telecom sul cosiddetto ultimo miglio delle rete telefonica fissa, panifici aperti la domenica e tutti gli altri interventi contenuti in più di 60 articoli, il governo stima un risparmio di 500 milioni di euro l’anno. Poco più di 150 euro a famiglia.
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