Romney avanti nel Supermartedì

by Sergio Segio | 7 Marzo 2012 7:43

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BOSTON (Massachusetts) — «Stasera gallina al marsala, asparagi e patate saltate. Li ha preparati mio figlio che ci ha invitato a cena. Poi a Copley Plaza a festeggiare il risultato del “Supertuesday”: non so come andrà  in Ohio, è un testa a testa, ma complessivamente andrà  bene. Sono fiducioso». Mitt Romney chiacchiera, rilassato, coi giornalisti sul charter — un vecchio MD-80, un aereo costruito più di trent’anni fa — che da Columbus, nell’Ohio che ha battuto a tappeto coi suoi comizi, ci porta a Boston. Qui l’ex governatore del Massachusetts ha votato ieri sera, poco prima della chiusura delle urne. «Poi, domani si fa raccolta fondi, anche per pagare questo volo».
Romney sa di non essere un personaggio carismatico ma recupera, almeno nel rapporto con la stampa, mostrandosi molto alla mano. Scherza con la moglie Ann sul National Enquirer, un giornale scandalistico, che ogni tanto scava nella loro adolescenza a caccia di qualche particolare piccante. A chi chiede come faccia un candidato sempre nel mirino ad apparire in forma in mezzo a una campagna così massacrante, lei risponde che il suo Mitt ha un’enorme energia interiore, ma lui minimizza: «È come andare sull’ottovolante: da terra sembra bello. Poi sali e mentre vieni spinto in alto, vorresti scendere. Ma ormai è troppo tardi, puoi solo continuare. Anch’io sono su un “rollercoaster».
La notte del Supermartedì elettorale americano ridà  fiato a Mitt Romney, di nuovo favoritissimo per la nomination repubblicana: vince nettamente in Massachusetts e Vermont e anche in Virginia dove, però, Santorum e Gingrich non erano riusciti a registrare la loro candidatura. A tarda ora Romney era in vantaggio (40 a 37 per cento su Santorum) anche negli exit poll dell’Ohio. Ma non poteva ancora essere considerato il vincitore nello Stato politicamente più importante. Il Sud, invece, va ai candidati della destra evangelica: Gingrich conquista, come previsto, solo la Georgia, mentre Santorum prende l’Oklahoma e, quasi certamente, il Tennessee. I luoghi scelti dai quattro candidati per attendere i risultati dei dieci Stati che hanno votato ieri aiutano a capire i contorni di una competizione elettorale che, anziché galvanizzare i repubblicani, fin qui a diffuso irritazione e scoramento.
Nel silenzio imbarazzato dei leader repubblicani, che continuano a sostenere Romney, ma solo come «minore dei mali», a dare voce a questo disagio è Barbara Bush. Suo marito, George «senior», appoggia il leader mormone, ma la cosa non impedisce all’ex first lady di affermare che questa è «la peggiore campagna elettorale della mia vita. Il mondo ci guardi e si chieda: ma cosa stanno combinando?». Romney, comunque, sembra si sia ripreso dagli scivoloni che gli avevano fatto perdere il ruolo di favorito. Dopo averla spuntata in Michigan, Arizona e nello Stato di Washington, è di nuovo il favorito. In Ohio, dove ha incontrato più volte gli operai delle fabbriche locali, ha cercato di cancellare l’immagine altera del ricco finanziere che per poco non gli ha fatto perdere il Michigan: lo Stato nel quale è nato e cresciuto. Ora riprende fiato a Boston: casa sua, nella sua terra, il New England.
Santorum si è giocato in Ohio le ultime speranze di restare protagonista nella corsa alla Casa Bianca. Ed ha atteso i risultati a Steubenville, cittadina ai confini con la sua Pennsylvania: un estremo tentativo di presentarsi come l’uomo degli Stati industriali e del Mid-West, l’unico capace di mettere insieme evangelici e operai. Ma senza una vittoria in Ohio, Santorum potrà  solo essere usato per togliere forza e delegati alla candidatura di Romney: non avrà  più la forza di mettere insieme i 1.144 rappresentanti necessari per la nomination. Anche perché Newt Gingrich, che ha atteso i risultati ad Atlanta, vincendo in Georgia, il suo Stato, ha fatto il gioco di Romney: ora si sente in diritto di continuare la corsa delle primarie, pur senza possibilità  di successo, sottraendo a Santorum una fetta della destra religiosa.
Su un altro pianeta il candidato libertario Ron Paul che si è concentrato sugli Stati più remoti: Alaska, Idaho e North Dakota. Qui, nella gelida Fargo, ha atteso il responso delle urne. E proprio il Nord Dakota potrebbe essere il primo (e unico) Stato a vedere Paul vincitore. Ma la sua, si sa, è una battaglia ideale, di bandiera.
Massimo Gaggi

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