by Editore | 28 Marzo 2012 8:03
La prossima Conferenza della Terra Rào+20 si terrà nella città brasiliana dal 20 al 22 giugno prossimi, e il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki Moon qualche mese fa ha lanciato la campagna “Il futuro che vogliamo” parlando dell’evento di Riocome quello che permetterà di affrontare le soluzioni e le sfide del mondo. “Lo sviluppo sostenibile è la priorità più importante. Sappiamo a quello a cui stiamo andando incontro: insicurezza alimentare, scarsità di acqua, di energia, cambiamenti climatici, aumento delle emissioni di carbonio e oceani sempre più malati”.
L’appello delle Nazioni Unite è ambizioso. Invita gli Stati e la società civile, e i cittadini a mettere “le basi per un mondo di prosperità , si pace e di sostenibilità ”, con tre argomenti principali all’ordine del giorno: il rafforzamento degli impegni politici in favore dello sviluppo sostenibile – un bilancio dei passi avanti e delle difficoltà vincolate alla sua implementazione – le risposte alle nuove sfide emergenti della società . Due le questioni che saranno al centro delle discussioni della conferenza: economia ecologica con una visione alle sostenibilità e alla sua funzione di sradicare la povertà e la creazione di un quadro istituzionale per lo sviluppo sostenibile. Ma oggi sembrano essere tutti più presi a risolvere la crisi, o le crisi, dimenticando forse che è arrivato il momento di rivedere le regole o forse sarebbe meglio dire le “non regole” che ci hanno guidato fino a oggi, e Rio in un momento difficile come questo, potrebbe essere una grande occasione.
Le popolazioni indigene lo hanno capito, e per questo lo scorso 14 e 15 marzo, rappresentanti del Coordinamento Andino di Organizzazioni Indigene (CAOI), uno dei movimenti che da anni propongono soluzioni praticabili alla globalizzazione selvaggia, si sono dati appuntamento a Lima, in Perù. Il risultato dell’incontro è stato undocumento dove si rifiuta la tanto sponsorizzata e acclamata economia verde, che mercifica la Madre Terra, e invece si propone la visione del Buen Vivir, sopratutto come alternativa ai cambiamenti climatici, ma più in generale alla crisi di civilizzazione in atto. I partecipanti, provenienti da Bolivia, Ecuador, Colombia e Perù, hanno tracciato un bilancio sui traguardi e sugli accordi siglati nelle varie conferenze mondiali sull’ambiente e sullo sviluppo realizzate fino ad ora, in particolare in relazione agli impegni internazionali presi nei confronti delle popolazioni indigene, ma anche ai due temi centrali di Rio+20: sviluppo sostenibile ed economia verde.
Secondo la visione delle popolazioni indigene non è possibile un’uscita dalla crisi ambientale che sia esclusivamente tecnica o esclusivamente economica: la soluzione deve essere integrata perché tutto ormai è interconnesso, siamo parte di un unico ecosistema. Il primo impegno preso all’incontro di Lima è stato quello di globalizzare la proposta indigena del Buen Vivir, (Sumak Kawsay, Sumak Qamaà±a, Allin Kawsay) di fronte ai cambiamenti climatici. “Il problema più visibile – affermano i l rappresentanti CAOI – è la crisi di civilizzazione e le false soluzioni basate nei meccanismi di mercato con le quali si pretende affrontare la crisi. à‰ necessario allo stesso tempo formulare un appello alla comunità internazionale per riflettere sulle cause di fondo della crisi, al fine di una visione olistica dei problemi”. All’interno di questo quadro le popolazioni indigene affermano che la biodiversità naturale e la biodiversità culturale sono legate a doppio filo e devono essere protette con le stesse misure.
Questo implica il rispetto delle culture, delle rispettive conoscenze e pratiche, così come il rafforzamento nella gestione delle popolazioni e delle comunità che abitano nelle zone ad alta biodiversità , inclusi tutti i loro beni naturali. Far arrivare queste proposte nel documento che verrà poi discusso nel vertice lo Zero Draft, intitolato Il futuro che vogliamo, cioè quello che discuteranno i rappresentati di Stato e di Governo e della società civile che siederanno ai tavoli principali della Conferenza Onu è una possibilità da sfruttare. Lo Zero Draft deve riconoscere e proteggere le conoscenze ancestrali e i siti considerati sacri dagli abitanti di queste zone. Ma è anche necessario difendere queste conoscenza a fare si che non vengano incluse in nessun accordo di protezione della proprietà intellettuale come si è cercato di fare fino ad ora, su spinte di grandi poteri economici e multinazionali. Altri punti considerati chiave da includere nel documento Onu sono la necessità di conservare le fonti idriche, i ghiacciai e tutte le riserve naturali che le contengono, garanzie per la sicurezza e la sovranità alimentare così come l’implementazione di politiche chiare per la biosicurezza.
Altro punto fondamentale è che venga garantita la partecipazione di tutti i popoli e tutte le culture nella presa di decisioni che fanno riferimento all’economia verde e allo sviluppo sostenibile. Tutte le visioni devono essere prese in considerazione, e si devono creare sistemi di controllo basati sulla Dichiarazione dei Diritti delle Popolazioni Indigene delle Nazioni Unite (in.pdf), sia per quanto riguarda il processo di implementazione che quello di finanziamento di politiche e programmi di sviluppo sostenibile e di economia verde. In modo particolare – sottolineano dalla CAOI –riaffermare il consenso preventivo, libero ed informato dei popoli indigeni e delle comunità locali coinvolte nei progetti. Per questo il documento fa esplicito riferimento alla Convenzione 169 dell’ILO e non solo alla dichiarazione delle Nazioni Unite.
A Lima si sono discusse e approvate le proposte che la CAOI condividerà con altre organizzazioni dell’America Latina e non solo, con l’obiettivo di arricchire lo Zero Draft di Rio+20.
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