Rinaldini: «La Cgil deve far pesare la mobilitazione sugli obiettivi»
Dove certo non alberga nessun estremismo, tantomeno «ideologico», ma certo esiste ancora la percezione esatta dell’insieme di fenomeni che si stanno addensando sulla testa del sindacato e del movimento operaio. Ne parliamo con Gianni Rinaldini, coordinatore nazionale dell’area «La Cgil che vogliamo», costituitasi in occasione del Congresso di Rimini, due anni fa.
Che ti sembra dell’andamento di questa «riforma» del mercato del lavoro?
Da quello che si capisce è chiaro che il governo ha un obiettivo preciso, quello indicato nella lettera della Bce (dell’agosto scorso, inviata a Berlusconi, ndr), che è «superare le eccessive rigidità nel mercato del lavoro». Non c’è nulla che operi seriamente per la riduzione della precarietà …
Nemmeno l’apprendistato?
Ma l’apprendistato c’è già , non è mica una novità . Il problema vero è l’impianto complessivo. Non mi pare che le diverse tipologie di rapporto di lavoro esistenti vengano modificate in modo particolare…
Quindi il primo e vero obiettivo resta l’art. 18 e la flessibilità in uscita?
È coerente rispetto all’impostazione. Attenzione: l’articolo 18 può benissimo esser mantenuto, ma svuotato di significato. Ad esempio, intervenendo sui licenziamenti «oggettivi», per motivi economici e disciplinari. Mi pare che si stiano «esercitando» soprattutto su queste varianti. Allo stesso tempo, insisto, non c’è nulla – nelle proposte sul tavolo – per quanto riguarda la riduzione della precarietà . E non so neppure che fine abbia fatto il decreto sul «lavoro interinale», varato dal governo a confronto in corso e senza discussione. Non vorrei che alla fine il «modello tedesco» si riduca a qualche costo aggiuntivo per le imprese sui contratti a termine e, come hanno fatto con il decreto, l’estensione del lavoro in affitto.
Sugli ammortizzatori sociali, stanno «vendendo» molto che la loro proposta costituirebbe un allargamento della platea dei beneficiari, ma senza indicare le «risorse»…
A me pare che non ci sia un reale allargamento. A partire dal fatto che intanto viene eliminata la cassa integrazione per cessazione dell’attività produttiva e la mobilità . Teniamo conto che nelle aziende prima avevi la cassa integrazione per cessarion dell’attività e poi la mobilità , un buon grado di copertura che permetteva i prepensionamenti. Se togli tutti e due… Tra l’altro sono entrambe forme di tutela pagate dalle imprese e dai lavoratori. Anche la mobilità , pagata con lo 0,30% dalle aziende. Quindi, introduci anche qui il licenziamento, anticipandolo di molto. Ma non c’è neppure «espansione» della platea dei beneficiari. C’è invece una riduzione della durata – dodici mesi, che possono diventare diciotto solo per i molto anziani – mentre per quanto riguarda l’assegno erogato, più o meno sono i massimali dell’assegno di mobilità .
Eppure dicono che andrebbe a coprire anche i precari…
Sì, ma non copre ad esempio i giovani disoccupati. E poi, i requisiti per l’indennità di disoccupazione sono due anni di attività lavorativa e continuativa alle spalle; un tempo che per molti precari è praticamente irraggiungibile. Tra l’altro, con l’indennità descritta in questo modo, continuano a non dare nessuna risposta al problema degli «esodati» (lavoratori usciti dalla produzione con le vecchie regole, ma che non hanno la pensione perché è stata allungata l’età del ritiro, ndr). Stiamo parlando certamente di oltre 100.000 persone, anche se non disponiamo ancora di dati precisi. È un gioco truccato.
Per quanto riguarda il metodo del confronto: Fornero ha sbandierato una «paccata di miliardi», ma «solo se mi dite sì prima»…
Questo è un semplice ricatto verso le organizzazioni sindacali. Il governo un giorno dice che vuol fare la riforma con il consenso, un altro che andrà avanti anche senza… Mi sembra che abbiano un obiettivo preciso, ma in stato confusionale per quanto riguarda il percorso.
Avresti qualche suggerimento da dare alla Cgil per proseguire il confronto?
Mi pare sia necessario esser conseguenti con le dichiarazioni che sono state fatte. Se lo stato della trattativa è questo, bisogna aprire una fase di mobilitazione, e non aspettare passivamente la conclusione. Bisogna far pesare la mobilitazione dei lavoratori e dei pensionati sugli obiettivi del sindacato e della Cgil.
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