Rai, Casini si schiera con il Pd “Serve il commissariamento”

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ROMA – Sarà  un’impresa per il premier Monti rinviare davvero a dopo le amministrative la soluzione per il bubbone Rai. Alla vigilia della scadenza del cda (il 28 marzo) la contrapposizione tra Pd e Terzo polo, da una parte, e Pdl-Lega, dall’altra, si fa esplosiva. 
Il partito di Bersani, ma ormai anche Fini e Casini, invocano il commissariamento dell’azienda. Berlusconi di contro ha intimato ai suoi di erigere barricate pur di mantenere lo status quo o, al massimo, perché si rinnovi il consiglio di amministrazione ma lasciando intatta la legge Gasparri a lui cara. E come sempre, sui nodi cruciali, la Lega di Bossi si schiera al suo fianco. Il presidente del Consiglio ha chiesto ai partiti di formulare delle ipotesi di riforma della governance, riservandosi di mettere mano al dossier dopo il voto di maggio. Un passo avanti rispetto alla posizione iniziale che tanto Monti quanto il ministro dello Sviluppo Passera avevano espresso nel corso del vertice notturno di giovedì. In quell’occasione, rivela uno dei partecipanti, il governo si era detto favorevole al rinnovo del cda alla luce della Gasparri oggi in vigore. Poi, sulla scia dei niet di Bersani, il premier e il ministro avrebbero aperto a una modifica più incisiva del sistema. «Tra il Pd che vorrebbe cambiare tutto e subito e il Pdl che non vorrebbe cambiare, occorre trovare una soluzione, di certo la situazione non può restare così com’è» è stato l’ultimo ragionamento espresso in privato dal capo del governo a proposito di Rai. E quella mediazione consisterebbe proprio nella nomina di un «super Dg»: più che una direttore generale, una sorta di commissario, appunto. Passaggio che estenderebbe i poteri del dg attuale senza bisogno di modificare la Gasparri. Il nome che circola con maggiore insistenza è già  quello dell’ex ad Parmalat Enrico Bondi e, a seguire, dell’ex ad Alitalia, Rocco Sabelli. Procedere prima del voto non sarà  facile, in effetti, per Palazzo Chigi. Il clima si è arroventato fin d’ora. 
Bersani non intende recedere di un metro. «Il Pd sta imponendo una svolta – dice – Noi non solo non faremo nomi per il nuovo consiglio, ma non parteciperemo nemmeno a un’eventuale votazione». Fini da Pietrasanta si è assestato di fatto sulle stesse posizioni, favorevole anche il Terzo polo a un commissariamento. E «totalmente d’accordo» si è detto ieri anche Casini. Un «no alla spartizione di poltrone» da Di Pietro, che non accetta nemmeno la proroga dell’attuale cda. Il Pdl scatena la contraerea in difesa dell’assetto attuale. Lupi accusa Pd e Terzo Polo di «bramosia di poltrone», l’ex ministro Romani dice no al commissariamento sostenendo che l’azienda «è in salute come mai», i bilanci sono in attivo, ricorda il vicecapogruppo in Vigilanza Francesco Casoli e «se qualcuno tentasse di commissariare finirebbe sotto processo». Il problema «non è Enrico Bondi, né un altro» attacca Gasparri, il fatto è che «per commissariare la Rai non ci sono le condizioni economiche e giuridiche». Poi se la prende con Pippo Baudo, che in un’intervista al Corsera di ieri aveva definito uno «schifo di legge» quella che porta il suo nome: «È un conduttore finito. Gli consiglierei di invecchiare meglio, vuole andare in video a 75 anni, stia a casa». La Lega che pure invoca la privatizzazione, col suo responsabile informazione Davide Caparini dà  manforte: «Non servono commissariamenti per la Rai che di fatto è già  commissariata dalla politica». Il Pd contrattacca. «Gasparri campione di depistaggio: chiediamo una riforma della “governance” del servizio pubblico che lui, il capo-padrone del suo partito e la Lega hanno portato sull’orlo della bancarotta» dice Stefano Fassina, responsabile economia. Bisogna intervenire presto, aggiunge il senatore Ignazio Marino, «con un decreto che cancelli la Gasparri: se il governo non dovesse farcela, giusto commissariare con un vero manager».


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