Quel pasticciaccio brutto di Cornovaglia Cameron inguaiato dal piatto del popolo
LONDRA – David Cameron si è cacciato in un pasticcio. Di guai, il primo ministro britannico ne aveva già abbastanza: lo scandalo delle cene a Downing street offerte ai più grandi uomini d’affari del regno in cambio di donazioni milionarie al partito conservatore, così in grado di influenzare la politica del governo; l’Horsegate, ovvero la vicenda dei suoi week-end di equitazione con l’amministratrice delegata dei giornali di Rupert Murdoch, su un cavallo da lei ricevuto in prestito dalla polizia, ennesima dimostrazione di un legame corrotto fra potere, politica e l’editore; la sua gaffe sulla necessità di riempire i serbatoi di benzina nell’eventualità di uno sciopero degli autotrasportatori, che sta provocando code colossali in tutti i distributori del paese; il budget che “tassa i nonni”, ossia i pensionati, per ridurre (dal 50 al 45 per cento) le imposte ai ricchi; senza dimenticare le statistiche appena uscite secondo cui il Regno Unito è entrato (di nuovo) in recessione, avendo registrato due trimestri consecutivi di contrazione economica. Un giornale gli consigliava di chiudersi in un uovo di Pasqua e passarci le vacanze dentro, per riprendersi. Ma il premier ne ha combinata un’altra, forse la più grave di tutte, perché sembra la prova della sua ipocrisia, mandando in frantumi gli sforzi da lui fatti per apparire un uomo comune, normale, medio, anziché un rampollo “posh” e privilegiato.
È successo che, per smentire il presunto favoritismo del governo a favore delle classi benestanti, Cameron ha detto di avere una passione per il “Cornish pasty”, il pasticcio di carne della Cornovaglia, prelibatezza (de gustibus) di cui il popolo non riesce a fare a meno, da queste parti. «Ricordo benissimo l’ultima volta che l’ho mangiato, caldo, da Greggs, dopo un comizio che ero andato a fare di recente a Leeds», ha detto il primo ministro ai giornalisti. «E magari», ha aggiunto in tono di sfida, «ora andrete pure a controllare se è vero». I giornalisti sono andati a controllare. Ed è risultato che Greggs, catena di ristoranti specializzata nel suddetto pasticcio, a Leeds ha chiuso nel 2007. Bè, poteva trattarsi di un altro ristorante? No, perché nella zona in cui Cameron si trovò non esistono altri ristoranti che servano il “Cornish pasty”. Forse, ha provato a obiettare a quel punto un portavoce di Downing street, non si trattava di Leeds, magari il primo ministro si è confuso, ne fa tanti di viaggi e di comizi. Ma ormai il danno, anzi il pasticcio, era fatto. Ieri tutti i media del regno non parlavano d’altro che del pasticcio della Cornovaglia. Ed Miliband, leader dell’opposizione laburista, ha invitato un gruppo di deputati del suo partito in un caffè di Londra e indovinate cosa hanno ordinato, ridendo a crepapelle fra un boccone e l’altro? Il pasticcio della Cornovaglia. Dai titoloni dei tabloid, inclusi quelli filo-conservatori, ai vignettisti, è un coro di feroci sarcasmi. Qualcuno, parafrasando Maria Antonietta al tempo della rivoluzione francese, mette in bocca a Cameron questa battuta, rivolta a disoccupati e pensionati: «Il popolo ha fame? Che mangi il pasticcio».
Insomma, un disastro. Perché dà l’impressione che l’operazione di spostare i Tories al centro (analoga a quanto fece Blair con il Labour un decennio or sono), grazie alla quale Cameron è andato al potere, fosse puramente cosmetica: sotto la maschera rinnovata ci sono i soliti conservatori, il partito dei ricchi, di gente che ha studiato a Eton e Oxford (come Cameron), abituata a pasteggiare con caviale e champagne, non con una pinta di birra e un “Cornish pasty”. Due giorni fa, un sondaggio ha dato dieci punti di vantaggio al Labour sui Tories, 43 a 33 per cento. Non succedeva da tre anni. E il premier non si era ancora cacciato in un pasticcio.
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