Quel paragone con la Thatcher

by Editore | 28 Marzo 2012 5:53

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Mario Monti non è Margaret Thatcher, diversamente da quel che ha scritto il Wall Street Journal. In realtà  Monti non è neppure un politico nel senso comune della parola. Meglio dichiararlo subito, per evitare equivoci. È stato un docente universitario, un intellettuale, un amministratore, un funzionario civile internazionale di alto livello. È diventato un politico – catapultato nel ruolo di primo ministro – a causa del fallimento della politica italiana, più specificatamente della destra, ma anche della sinistra. Per un estraneo – e forse anche per un italiano – è difficile inquadrare la sua politica. È liberal? Di centrodestra? Di centrosinistra? Democristiana? O nessuna di queste cose? È forse un misto di posizioni alle quali è arrivato tramite lo studio e la riflessione? 
Margaret Thatcher ebbe una breve carriera di ricercatrice chimica, ma già  a vent’anni capì che la sua carriera sarebbe stata nella politica. Ereditò il suo accanito conservatorismo di parte in primis da suo padre, un negoziante, uomo moralmente retto e profondamente conservatore. Per tutta la vita la Thatcher ha conservato quel senso lucido della bassa middle-class per cui la povertà  è sempre possibile, e migliorare la propria condizione qualcosa per cui lottare. In seguito, quando si è definitivamente formato il suo modo di pensare, ha trasformato quella politica istintiva, l’ha mescolata con un crescente interesse per il monetarismo e ha dato vita a un approccio neoliberal all’economia, confezionato su misura per le situazioni contingenti nelle quali versava la Gran Bretagna negli anni Settanta. 
Thatcher e Monti: due persone molto diverse, quindi, nel carattere e nel pensiero. Esiste tuttavia un più profondo terreno comune tra loro? Un luogo nel quale il politico e il professore possano darsi appuntamento e concordare che ciò che è giusto per un’economia moderna e sviluppata è giusto per tutte? Sono simili in questo: entrambi considerano la competitività  nei mercati necessaria e proficua. Entrambi considerano le pratiche restrittive, imposte dai sindacati dei lavoratori e dalle associazioni professionali, dannose per la creazione di posti di lavoro e la crescita delle aziende. Entrambi sono avversati da agguerriti sindacati dei lavoratori – Thatcher nel 1984-85 lo fu dal sindacato nazionale dei minatori guidato da Arthur Scargill, un marxista radicale; Monti lo è dalla Cgil, la federazione sindacale di sinistra. 
Tali somiglianze, tuttavia, non trasformano Monti nella Thatcher. Il thatcherismo è stato un approccio radicale alla politica e alla gestione economica. Per lei il singolo individuo, la famiglia, erano l’unico gruppo sociale sul quale dovrebbe basarsi la politica. Credeva, con passione crescente, che quasi tutti gli enti – a cominciare dai sindacati dei lavoratori, per continuare con la Commissione europea, fino ai consigli locali e alle associazioni professionali – fossero afflitti dalla maledizione del compromesso e dell’inerzia. Soltanto il singolo individuo era dinamico. Capitava talvolta che i suoi ministri ritenessero addirittura che lei pensasse al suo stesso governo come a “loro”, un corpo alieno, troppo legato a vecchie abitudini e compromessi. Arrivò a pensare che il settore pubblico fosse per lo più senza speranze. 
Non credo che Mario Monti condivida granché questa idea. In realtà  non può, perché lui e i suoi ministri hanno dichiarato di desiderare non tanto abolire o contenere drasticamente il settore pubblico italiano, bensì di modernizzarlo per renderlo più efficiente. Monti ha assunto la massima carica politica in Italia in un momento in cui la protezione di cui il suo paese è stato capace di godere in quanto derivante dalla sempre più forte competizione da parte delle economie in ascesa deve spingere a una sollecita ristrutturazione. Ma Monti spera di riuscirci tramite intese e accordi con i sindacati dei lavoratori (soltanto in parte possibile, a quanto pare), con i partiti politici e con le istituzione della società  civile italiana. 
Mario Monti è, in ogni caso, un primo ministro temporaneo, come egli stesso ha ribadito più volte. Se tutto andrà  secondo i piani l’anno prossimo di questi tempi lui e il suo governo saranno già  a casa. à‰ notorio, invece, che la signora Thatcher avrebbe voluto “andare avanti” e questa fu una delle ragioni per le quali i suoi ministri complottarono contro di lei e la destituirono dalla sua posizione di leader. Il thatcherismo è stato uno stile di vita tanto quanto un modo di pensare, un modo di essere tanto quanto una posizione politica. Quello di Margaret Thatcher fu un periodo bollente e polemico della politica britannica. Il montismo, di contro, è un approccio freddo, tecnico, razionale e cortese a una carica che ha un inizio e ha una fine. La Thatcher non è arrivata nella città  eterna.

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