Quarto Potere

by Editore | 2 Marzo 2012 7:37

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Si legge con passione, con piacere intellettuale, con ammirazione per il rigore dell’argomentazione e dello stile, con partecipazione non solo civile ma emotiva, e anche con angoscia, la raccolta di articoli di Giuseppe d’Avanzo per Repubblica, che Laterza ora pubblica col titolo Il guscio vuoto. Metamorfosi di una democrazia (Prefazione di Franco Cordero). È un libro i cui capitoli sono stati scritti giorno per giorno, con un assiduo lavoro di documentazione, di analisi, di critica, di smascheramento, che racconta la mutazione della politica e della società  nell’Italia berlusconiana. Una mutazione che D’Avanzo ha colto mentre avveniva, leggendola nelle vicende della cronaca, nei mille scandali di cui è stata intessuta l’esperienza di governo della destra, e che ha descritto, nella sua pervasività , nella sua sistematicità , come il nuovo paradigma della politica postmoderna, come lo smottamento di una democrazia di impianto moderno in una informe Cosa postmoderna. 
La chiave per decifrare questo passaggio sta in una coppia di concetti, eccezione e menzogna, che in sinergia reciproca hanno smontato i dispositivi e gli apparati dello Stato democratico costituzionale di diritto. Il cui funzionamento esige categorie, concetti, istituzioni e procedure fondate sulla ragione, sul senso della realtà  e sullo sforzo cosciente e collettivo di progettarne trasformazioni, in un orizzonte di trasparenza e di partecipazione. L’età  berlusconiana, invece, non ha nulla di questa chiarezza e di questa distinzione: il suo segno è piuttosto l’alterazione dei fatti, la confusione, la menzogna. Ovvero, è la narrazione mistificante, l’autocratica manipolazione del reale, interamente trasformato in rappresentazione e sostituito dall’immaginario. È attraverso la comunicazione e l’affabulazione, e non attraverso la Costituzione, che è passata la potenza politica di Berlusconi, cioè attraverso l’officina delle illusioni del populismo, da una parte, e la “fabbrica della menzogna” dall’altra: i falsi casi Boffo e Fini, e gli incredibili e spudorati sofismi per costruirsi con ogni strumento immunità  e impunità , sono stati parti di una tecnica di governo che D’Avanzo ha implacabilmente denunciato e decifrato in tempo reale. 
Questo illusionismo non è un gioco di prestigio: obbedisce a interessi precisi – del Capo che si pone sopra le leggi, e dei suoi soci in affari di ogni tipo – , e diviene efficace grazie all’uso sistematico dell’eccezione, ovvero alla confusione fra i poteri dello Stato, alla loro utilizzazione extra-istituzionale, al complessivo passaggio dallo Stato delle Leggi allo Stato dei Decreti. Da Bolzaneto alla gestione dell’immigrazione fino al governo, davvero biopolitico, dell’eterna emergenza di Napoli, il caso d’eccezione utilizzato per forzare le architetture della legalità  e della Costituzione, il vuoto di diritto e di verità  che ne conseguono, l’arbitrio di chi vuole avere l’intera realtà  politica e sociale a propria piena e illimitata disposizione, si mostrano come l’altra faccia della riduzione della realtà  a finzione. Parallelamente alla sua spettacolarizzazione, la politica diventa quindi opaca, si ritira dalle istituzioni democratiche – formalmente intatte ma sotto stress e svuotate di ogni efficacia – , si verticalizza e si concentra là  dove si decidono le campagne di stampa e di televisione, dove si programma la macchina del fango per gli avversari politici, dove si architettano le vie brevi per scavalcare le norme, per sostituire a queste la normalità  dell’eccezione, l’iterazione della decisione. La decisione, infatti, non è mai presa per dirimere realmente una questione, ma per lasciarla sempre aperta, perché anche in futuro si debba ricorrere a nuove decisioni, mai al diritto. Il potere non sta nello stabilizzare, nel normalizzare, ma nel togliere prevedibilità  e certezza alla vita politica e sociale.
La democrazia è sostituita dall’intrecciarsi della manipolazione e della decisione, dalla confusione dei poteri e dalla confusione della realtà , dalla creazione di un mondo tanto immaginario – in cui nulla è ciò che è, e tutto è ciò che sembra, e in cui si può far sembrare vera qualunque cosa – quanto, evidentemente, instabile. Appunto in questa manipolazione senza limiti del reale, che d’Avanzo rende viva e palpitante nelle sue pagine, sta l’essenza stessa della destra. 
Questa volontà  di potenza – di Uno, osannato da molti – è parsa straordinariamente efficace. E lo è stata, per almeno due lustri. Ma è stata al tempo stesso anche inefficace, proprio perché non ha mai voluto risolvere i problemi collettivi, ma solo dissolverli in nebbia mediatica, ai concretissimi fini individuali del Capo. E la realtà  si è vendicata, si sta vendicando. E ha imposto l’allontanamento dal potere dell’illusionista, e la sua sostituzione con élites serie e competenti, che con grandi sforzi – loro, e di tutti i cittadini – stanno riportando l’Italia a contatto con i problemi reali, enormi, che Berlusconi non ha neppure scalfito. Ma quel perverso cortocircuito di eccezione e di menzogna se non è più cronaca non è ancora storia: anche se, forse, ce ne stiamo faticosamente uscendo, continua a prenderci letteralmente alla gola, e ci appare come un rischio che sarà  presente, finché questa fase politica che non avrà  trovato nuovi equilibri. È questo rischio che dà  al libro di D’Avanzo un significato non solo documentario ma anche civile; che ne fa un esempio di critica di ciò che ancora serve e servirà  all’Italia: il coraggio di smascherare la menzogna e la passione per la realtà  e per la verità .

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