“Troppi errori per essere un killer vero” aveva una calibro 38, quattro piste aperte
TORINO – Troppi errori per essere un killer vero. La calibro 38 spara sei voltea distanza ravvicinata. Due volte non colpisce il bersaglio, le altre quattro lo raggiunge ma senza ucciderlo. Non sono le prove ma la ricostruzione dell’agguato che lascia perplessi gli investigatori. Chi ha sparato ad Alberto Musy, e perché? A cinque ore dal tentato omicidio del consigliere comunale torinese leader del terzo polo, ferito nell’androne di casa sua da quattro proiettili, il ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri parla di «matrice ignota». Lo stesso fanno gli investigatori, dopo una giornata passata tra interrogatori e ricerche di indizi. «Stiamo indagando a 360 gradi – dice il procuratore capo di Torino, Giancarlo Caselli – e in questo caso non è una frase fatta ma molti elementi ci fanno pensare che non può essere un attentato pianificato con cura». Chi ha colpito Musy ha usato la calibro 38.
Poi è fuggito, apparentemente senza lasciare traccia. Ma chiaramente non è un professionista della pistola. Movente politico, privato, o scambio di persona, nessuna di queste piste convince gli inquirenti che pure le analizzeranno unaa una senza tralasciare alcuna possibilità .
È fragile la pista politica, quella che immediatamente, diffusa la notizia dell’agguato, si rincorre trai colleghi di Musy a Palazzo Civico, suggerita dalla delicatezza del momento per il Paese, che affronta una controversa riforma del lavoro, e per la città di Torino, al centro di dure contestazioni No Tav. Il primo pensiero di magistrati, forze dell’ordine e digos, è andare a cercare possibili minacce contro di lui, o elementi del suo profilo che lo rendano potenziale obiettivo di un attentato di matrice terroristica. Ma minacce non ce ne sono secondo la moglie e le personea lui più vicine. Né la sua attività professionale di avvocato del lavoro, o quella accademica, sono tanto incisive da farne un simbolo da colpire. E fino a sera non arrivano rivendicazioni. Così anche Pier Ferdinando Casini in visita al reparto delle Molinette dove Musy è ricoverato evita dichiarazioni politiche e il governatore piemontese della Lega, Roberto Cota, dice: «Non ci sono elementi per pensare che il fatto sia collegato a una matrice eversiva».
Riaffiora dai mesi della sua campagna elettorale a sindaco di Torino un comizio a Chiomonte nel quale l’avvocato si dichiara apertamente pro Tav. Ma agli investigatori pare ininfluente e inoltre il movimento valsusino contro l’Alta velocità diffonde immediatamente un comunicato in rete per prendere le distanze dall’agguato ed evitare qualsiasi strumentalizzazione.
La storia professionale di avvocato del lavoro potrebbe nascondere il movente di una vendetta? Nelle prossime ore gli inquirenti sequestreranno dallo studio Bianco Musy e associati la documentazione relativa alle sue cause più recenti per cercare tra quelle carte tutti i possibili indizi di una ritorsione. Ma appare immediatamente chiaro che Alberto Musy da quando è stato eletto frequenta meno assiduamente lo studio dove lavora con il padre e la sorella. In mancanza di una pista d’indagine precisa si ricorre alle ipotesi. E mentre si affievolisce la pista di una matrice politica dell’agguato si azzardano tesi più indiscrete. Si insinua che la vita dell’avvocato possa non essere circoscritta soltanto a casa, lavoro e studio. E che possa trovarsi in questo spazio la ragione di quei colpi. Alla moglie, ancora sotto choc per aver visto il marito steso sul selciato del cortile, non vengono risparmiate domandi brutali sull’andamento del matrimonio, su relazioni extraconiugali, tradimenti o vizi. Ma la vita di Alberto Musy ne esce davvero specchiata, i pettegolezzi della mattina in serata vengono liquidate come gossip d’accatto.
Così, nella mente degli investigatori comincia a farsi strada un’altra idea: e se il professor Musy avesse semplicemente fatto un incontro sbagliato? Se l’uomo con il casco e la pistola che ieri mattina era nel cortile di via Barbaroux 35 stesse, in realtà , aspettando qualcun altro? E che cosa conteneva quel misterioso pacchetto che tutti i testimoni hanno detto di aver visto e che il sicario si è premurato di portar via? La polizia dice che forse lì dentro era nascosta la pistola, ma questa è solo un’altra possibilità perché il pacco è scomparso come l’attentatore.
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