by Editore | 31 Marzo 2012 10:33
PECHINO – Mario Monti in Cina, ultima tappa del road show per presentare la sua «nuova Italia». Parla della recessione, nega ci sia bisogno di un’altra manovra, ma il chiodo su cui batte in ogni occasione è sempre la riforma del mercato del lavoro. «Nei Paesi che ho visitato – mette in chiaro lasciando Tokio per Pechino – c’è molta attenzione sulla proposta fatta dal governo per la riforma del lavoro e attesa su quello che accadrà in Parlamento».
Atterrato in Cina, Monti nota subito qualcosa di strano nell’aria. L’autostrada che dall’aeroporto conduce all’hotel è stata tutta sigillata, poliziotti ogni cento metri: passa il corteo del primo ministro italiano. Da quando il presidente Hu Jintao, tre giorni fa, ha promesso a Monti di incoraggiare gli investimenti cinesi in Italia, la visita ha compiuto un immediato salto in avanti nel rating (e, di conseguenza, anche nel cerimoniale). Stavolta sono i cinesi a mettersi in fila per incontrarlo. Il primo è, forse, anche il più importante. Si chiama Lou Jiwei, presidente del China Investment Corporation, il quarto fondo al mondo per volume di fuoco (410 miliardi di dollari) e si fa trovare all’hotel Kempinski per capire dal diretto interessato se è il caso di iniziare a investire in Italia. Il colloquio fila liscio, ma anche i cinesi vogliono sapere se Monti ce la farà sull’articolo 18: «Hanno posto grande enfasi – riferisce il premier più tardi – sulla riforma del lavoro. Un ostacolo che li aveva finora disincentivati dall’intervenire nel nostro paese».
Dall’Italia il dibattito politico ruota tutto intorno alla riforma Fornero. Il capo dello Stato invita a «tener conto delle situazioni socialmente critiche e difficili», ma «non esitando a proseguire sul cammino delle riforme e delle politiche di necessaria severità fiscale». Per Sergio Marchionne, ad della Fiat «la riforma va fatta, non ci sono alternative». Qualche venatura di ottimismo la si scorge nelle parole di Pier Luigi Bersani: «Faremo una riforma innovativa e cambieremo le regole mettendole all’altezza delle migliori esperienze europee», quelle «tedesche e danesi». Il ministro Elsa Fornero va a parlare al Congresso dell’Ugl e confessa di aver provato «un dispiacere personale nel veder ridotto a un solo tema, l’articolo 18, un lavoro fatto in due mesi mezzo». E ripete: «Spaccare il Paese sull’articolo 18 è l’ultima cosa che vogliamo fare. Purtroppo l’80% della riforma è stato sommerso da una discussione in parte ideologica e in parte simbolica su questa norma».
Anche la Cei, al termine del consiglio permanente, per bocca di monsignor Mariano Crociata sembra sostenere il lavoro del governo. Secondo il portavoce della Cei occorre infatti fare lo «sforzo di guardare a quelli che dovrebbero essere in entrata nel mondo del lavoro e non solo a quelli che, purtroppo, rischiano di essere in uscita».
Monti in serata arringa a Pechino una platea di un centinaio di imprenditori italiani e cinesi, accorsi in ambasciata per ascoltarlo. Torna a parlare della situazione politica in Italia, con parole che sembrano accarezzare i partiti («con senso di responsabilità hanno messo da parte le loro divisioni») ma che in realtà sottintendono sempre un giudizio di inadeguatezza. Tra «il mondo politico» e «noi cittadini», spiega infatti il premier, ci sono ormai «nuove regole d’ingaggio». L’opinione pubblica ora «è più esigente: vuole la verità ». «Gli italiani hanno dimostrato che sono pronti a sacrificare in parte il presente, a patto che alla guida del paese ci siano forze politiche che sappiano guardare avanti e non si limitano al calcolo elettorale di breve durata». A Roma a qualcuno salterà di nuovo la mosca al naso.
Source URL: https://www.dirittiglobali.it/2012/03/qsullaarticolo-18-non-spaccheremo-il-paeseq/
Copyright ©2024 Diritti Globali unless otherwise noted.