“Quel presidente è un criminale tutto il mondo deve saperlo”

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NEW YORK – È vero che l’ultimo viaggio che ha fatto in Sudan è stato il più pericoloso in cui si sia mai imbarcato? 
«Certo, la situazione si è surriscaldata parecchio. Insomma, sì, è stato da brivido: e in alcuni momenti davvero pericoloso».
Pericoloso perché?
«Tutta quella violenza così, a casaccio, la gente che viene uccisa e ferita, dappertutto. Nel villaggio in cui eravamo ci sono stati 39 morti nell’ultimo mese: 39 morti e 514 feriti in un villaggio di un migliaio di persone. E stiamo parlando di un solo villaggio».
Uccisi da chi?
«Da Omar al-Bashir».
Il presidente del Sudan.
«I tre soliti noti: Haroun, il ministro della Difesa Hussein e Omar al-Bashir, gli stessi che sono stati accusati di crimini di guerra nel Darfur, la stessa identica gente che adesso sta bombardando civili innocenti. Costretti a vivere nascondendosi tra le rocce perché bombardati. E bombardati ogni giorno. Questa non è un’esercitazione miliare: questa è gente innocente, questi sono crimini di guerra».
Che prove ha? È andato lì con le telecamere? 
«Siamo andati lì con le telecamere, abbiamo le prove. Siamo arrivati in un villaggio e 150 persone ci sono venute incontro per festeggiarci. Probabilmente avevano visto qualcuno dei miei film…» ride. «E ad un tratto tutti hanno iniziato a correre».
Quanto vicini sono caduti i missili? 
«Il primo a un chilometro circa. Vicino abbastanza da sentirlo: vicino abbastanza da farti sobbalzare. La cosa più tragica è stata vedere la paura: perché tutta questa storia è basata sull’intimidazione. Paura e intimidazione. Questa è pulizia etnica: vogliono costringerli a lasciare la loro terra».
Come fa a dire che è pulizia etnica? 
«Perché si stanno soltanto liberando di tutta la gente che non è araba. Punto. Stanno spostando la popolazione verso sud. Alla fine si riduce tutto a questo: liberare i terreni da trivellare per il petrolio. Alla fine è sempre la questione del petrolio. Il South Sudan ha il petrolio mentre il nord ha le raffinerie: e questo è il problema».
Perché rischia la vita? Perché se ne interessa così tanto? Questo è stato il suo sesto viaggio nella regione: perché proprio il Sudan? 
«Una volta lì, quando vedi queste persone che hanno vissuto per anni in un’area così difficile, perché sono davvero dei survivors, dei lottatori… Ma lasciamo stare, la cosa più importante: è perché ci riguarda. Perché noi americani? Quello che sta avvenendo in Sudan cambia anche il prezzo della nostra benzina. Insomma ci sono un mucchio di ragioni perché il governo dovrebbe essere coinvolto nel cercare la pace».
Lei ha detto: «Mi piacerebbe che i criminali di guerra avessero lo stesso livello di pubblicità  che ho io». Okay, rendiamoli famosi…
«Omar al-Bashir, Haroun, Hussein, Taha…. C’è un bel po’ di gente che dovremmo memorizzare: come Kony».
Cosa pensa del film su YouTube che sta rendendo famoso il criminale ugandese?
«Che è una cosa buona. Se la gente di tutto il mondo conosce il nome di un criminale di guerra, ottimo. La gente dovrebbe conoscere i nomi di tutti i criminali di guerra».


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