by Sergio Segio | 17 Marzo 2012 7:59
ROMA – Può darsi che sia la volta buona. Che il clima di riforme strutturali e di ammodernamento del paese giovi anche ai diritti civili. Dopo la sentenza della Cassazione che rompe l’arretratezza italiana – «Alle coppie omosex gli stessi diritti delle famiglie» – martedì, in Parlamento si tenta il calcio d’inizio per il riconoscimento delle unioni gay. È una storia italiana infinita, che ha attraversato decenni, naufragando sempre come nel caso dei Dico approvati dal governo Prodi tra l’anatema dei vescovi («Non possumus»), e impallinati infine da opposte furie ideologiche. Ora ai nastri di partenza ci sono sette proposte di legge, dai matrimoni omosessuali ai Di.do.re (testo minimalista del Pdl di “disciplina dei diritti e doveri di reciprocità “) passando per i Pacs fino al progetto dei Radicali che prevede anche l’adozione.
Tutte ipotesi che languono in commissione Giustizia di Montecitorio. Il Pd chiederà martedì all’ufficio di presidenza una corsia privilegiata per discuterne. Dario Franceschini, il presidente dei deputati democratici, ha dato il via libera a Paola Concia, leader omosex per porre la questione alla Camera. Ma «disponibile» è anche Enrico Costa, il capogruppo del Pdl in commissione. Un atto di coraggio, tenuto conto che il segretario Angelino Alfano ha parlato di nozze gay «come fine della civiltà ». E finalmente anche il cattolico Pier Ferdinando Casini apre: «Il matrimonio è tra un uomo e una donna, ma il diritto all’affettività degli omosessuali va assolutamente garantito». Il leader centrista pensa a soluzioni circoscritte, che riguardino l’asse ereditario, ad esempio.
Qualcosa si muove. Il pidiellino Costa è stato promotore in Piemonte nel 2002 del registro delle unioni civili. Lo ricorda ora. Certo ci sono le elezioni amministrative alle porte (il 6 maggio) e le forze politiche eviteranno di provocare il Vaticano. «Non si tratta di chiudere su qualcosa adesso – osserva Costa – ma cominciamo tutto, possiamo iniziare a discutere». La commissione Giustizia di Montecitorio poi, è presieduta da Giulia Bongiorno, finiana, liberal di destra, e chiedere una accelerazione è come sfondare una porta aperta. Partono gli altolà dei vescovi. Il quotidiano Avvenire critica la «sentenza creativa» della Cassazione. Monsignor Bettazzi si spinge a dire: «È giusto riconoscere la possibilità di dare diritti a due persone che stanno insieme, ma non credo che questo si possa chiamare matrimonio». Il vescovo emerito di Ivrea però è una delle voci più moderne della Chiesa. Il coordinatore del Pdl, Sandro Bondi condivide.
L’anomalia sui diritti civili rende peraltro l’Italia fuori posto in Europa, e la sentenza della Cassazione indica la strada per metterci al passo. Il Notariato, sulla scorta della Cassazione, rilancia una propria proposta, quella del “patto di convivenza”. Le barricate di Carlo Giovanardi («L’opinione della Cassazione vale quella di un commercialista») o di Eugenia Roccella («In Parlamento c’è una maggioranza contro una legge») nell’epoca del governo Monti e della maggioranza bipartisan, potrebbero avere vita breve. Scatta anche la richiesta dei Radicali al ministro dell’Interno, Cancellieri, di ritirare la circolare Amato sulle unioni gay all’estero. Concia, che ha sposato in Germania la sua compagna Ricarda, mostra il diniego del Campidoglio di trascrivere l’unione civile «per motivi di ordine pubblico». Ha presentato ricorso. I Pd Meta e Gozi fanno pressing sul Parlamento. Anche Luca Zaia, presidente leghista del Veneto, ammette: «Giusto che i gay esprimano i loro sentimenti, no ai ghetti».
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