“Io, mobbizzato a Imperia per aver detto no agli ordini di Bellavista Caltagirone”
IMPERIA – Un granello nell’ingranaggio del potere. L’ingegner Pierre Marie Lunghi, 59 anni, lo sguardo un po’ triste come i suoi completi grigi, è il piccolo ma inamovibile simbolo di uno Stato che resiste nonostante tutto attorno lui sia malcostume o disattenzione. Come dirigente dell’ufficio Demanio del Comune di Imperia alla fine del 2010 è sua la firma con cui viene revocata la concessione alla società misto pubblico privata che sta realizzando il grande porto turistico di Imperia, valore 400 milioni di euro. Compie questo passo anche perché si accorge che i costi dichiarati non sono giustificati. Oggi per questi motivi Francesco Bellavista Caltagirone è in carcere con l’accusa di truffa, e tra i venti indagati c’è anche, in un filone parallelo, l’ex ministro Claudio Scajola accusato di associazione a delinquere finalizzata alla turbativa.
Ingegnere quali sono state le conseguenze della sua scelta?
«Un anno intero di sofferenze a partire dal 19 gennaio 2011. Mi sono ritrovato schiacciato, isolato. Mi sono dovuto fermare sei mesi per malattia dal 3 aprile. La notte non riuscivo più a dormire».
Pressioni dai politici? L’ex ministro Claudio Scajola è il paladino del progetto.
«Pressioni dirette mai, il ministro non l’ho mai sentito. Però ci sono altri modi. Hanno iniziato a mettermi il guinzaglio attraverso il segretario comunale (Andrea Matarazzo con il sindaco Paolo Strescino sono indagati per violenza privata nei confronti di Lunghi dalla procura, ndr). Poi la situazione è precipitata con l’ex vicesindaco Rodolfo Leone (fedelissimo di Scajola, amministratore delegato di Invitalia Partecipazioni, ndr). Mi tengono all’oscuro, mi isolano, mi dicono continuamente che con il mio gesto rischio di costringere il comune a risarcire decine di milioni di euro, e poi mi fanno pure un “processo”…».
Un processo?
«Sì, un giorno, un sabato mattina, vengo convocato dal vicesindaco Leone e nell’ufficio ci sono Bellavista Caltagirone, Andrea Gotti Lega (manager di Acquamarcia, ndr), Beatrice Cozzi Parodi (compagna e socia di affari di Caltagirone, ndr) e ancora Carlo Conti all’epoca direttore della Porto di Imperia. Mi ritrovo lì e iniziano a contestarmi pesantemente, a dirmi che ho sbagliato a prendere quella scelta, ricordo che Caltagirone mi disse “ha sparato con un cannone a un moscerino”. Il mio vicesindaco non mi difende, anzi li appoggia. Ne sono uscito profondamente turbato. Ma come, io sono solo un tecnico, un tecnico e niente altro».
Oggi Caltagirone, Gotti e Conti sono agli arresti, Cozzi Parodi indagata. Lei se lo immaginava?
«Non mi ero reso conto neppure io della gravità della situazione, anche se le intromissioni dei privati nel Comune erano palpabili. Un giorno vengo chiamato da due assessori che mi dicono: “Caltagirone ha chiamato e vuole assolutamente che entro giovedì la variante venga portata in consiglio”. La verità è che Imperia si è cullata nel sogno del porto senza vedere la realtà . Il Comune non aveva una struttura per poter gestire un’operazione del genere e così il politico ha dovuto o voluto appoggiarsi all’imprenditore che ha fatto i suoi interessi».
Nelle carte dell’inchiesta un teste racconta: «L’avvocato della Porto Imperia disse a Lunghi di stare attento a cosa stava facendo perché poteva esser chiamato a rispondere di 100 milioni di euro di danni». Un avvertimento?
«Prima ancora che decidessi la revoca mi mandarono una lettera con cui mi avvisavano che avrei potuto creare un danno enorme al Comune. Era firmata dal sindaco e dal segretario ma era scritta da chi sapeva di cose legali, da chi tirava le fila».
La procura sostiene che l’operazione porto sia stata preparata a tavolino.
«Sono convinto che ci sia una regia importante, ad alti livelli. Io già dal 2006 sono stato messo ai margini. Le firme e le decisioni importanti le prendevano in pochi, sempre gli stessi».
Si è mai chiesto chi glielo ha fatto fare?
«Se non lo avessi fatto sarei diventato come loro».
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