Putin vince, la Russia è ancora sua

by Editore | 5 Marzo 2012 7:40

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MOSCA – Tra cori e bandiere almeno centomila persone, arrivate dalle più lontane province sotto scorta della polizia, festeggiano davanti al loro leader la terza elezione a presidente di Russia; almeno altri sei anni al potere assieme al suo compagno di tandem Dmitrij Medvedev che gli restituisce il manubrio e si accomoda sul sellino posteriore nel ruolo di premier. Impettito, e già  pronto a reggere alla commozione, il presidente uscente è anche lui sul palco, a fianco del Numero Uno. Ringrazia la folla, si gode gli ultimi applausi. 
Vittoria netta, al primo turno, con un consenso che supera il 65 per cento e che potrebbe perfino crescere nell’interminabile spoglio dei 96mila seggi elettorali del Paese più grande del mondo. Ma le prime parole di Putin da vincitore tradiscono una preoccupazione che non è ancora sfumata del tutto. Pochi credono alla realtà  delle cifre. Le denunce di brogli, conteggi falsati, pressioni illegali, dilagano sul web, nelle dichiarazioni degli osservatori internazionali, negli interventi dei cittadini alle radio e nei talk show televisivi. Li risentiremo già  stasera alla manifestazione concessa all’opposizione nella centralissima piazza Pushkin. Aleksej Navalnyj, l’amatissimo blogger anticorruzione, promette di leggere in pubblico un bel po’ delle clamorose testimonianze raccolte dai suoi duemila volontari sguinzagliati per tutta la Russia con smartphone e computer. E rilancia una sfida che sembra solo all’inizio: «Oggi Putin si è autoproclamato Zar. Ma è una farsa. La Russia deve liberarsi di un Presidente illegittimo». E infierisce perfino sulle lacrime: «Si sarà  commosso a vedere quella povera gente trasportata di peso a Mosca per applaudirlo». Una serie di video amatoriali sul web testimonia intanto di camioncini della polizia che, carichi di giovani imbandierati, hanno fatto la spola per tutto il giorno tra la Piazza delle Tre Stazioni e il luogo della festa annunciata. 
Il risultato è comunque quello che tutti si aspettavano. Putin ha sbaragliato gli unici quattro candidati ammessi a partecipare e che non sono mai sembrati in grado di metterlo veramente in difficoltà . Deluso comunque dal suo 17 percento il vecchio leader comunista Zhjuganov ha scoperto in serata che «queste sono elezioni truccate» e ha evocato la possibilità  di aggregarsi ai movimenti di protesta. Più ambigua la posizione del primo oligarca che si sia mai presentato a un’elezione. Il miliardario Mikhail Prokhorov, arrivato terzo con un risultato che gravita intorno al 7 per cento ha mostrato un inatteso fair play, limitandosi a dire: «E’ andata così, ci riproveremo». Quanto basta per dare ragione alle malelingue che lo considerano solo un candidato di comodo destinato da tempo a un incarico ministeriale. Annichiliti come da copione gli altri due: il populista Zhirinovskij, consumato protagonista di seconda fila in altre elezioni senza speranze (circa il 6 percento), e il leader del partitino di destra, Russia Giusta, Mironov (meno del 4 percento) che ancora non ha spiegato quanto sia vicino politicamente a Putin e ai suoi. 
E’ il frutto di una giornata di mobilitazione generale che avrebbe portato ad un’affluenza da record anche se ancora tutta da calcolare. Con un bombardamento intenso di inviti ad andare alle urne. Manifesti per strada, nei condomini, perfino annunci registrati sugli autobus e sulla metropolitana. E tanti episodi sospetti. Come i famosi “caroselli”, i pullmini carichi di lavoratori, spesso nemmeno russi, che facevano il giro dei seggi trovando compiacenti scrutatori disposti a farli votare. Una squadra di questi “volontari” è immortalata su Youtube mentre vota in cinque diversi luoghi di Mosca. 
Roba da far dire anche a Mikhail Gorbaciov: «Non credo affatto che questi risultati corrispondano alla reale volontà  del Paese». 
Ma la rabbia degli oppositori si è limitata alle invettive su internet. Dopo qualche minaccia e qualche finto corteo subito rientrato, si è deciso di evitare lo scontro diretto manifestando nella notte e infrangendo così i divieti della polizia. Troppo pesante lo schieramento di 40 mila poliziotti e soprattutto dei temibili, spietati, rinforzi arrivati apposta dalla Cecenia. La strategia è quella del logoramento, una manifestazione dietro l’altra. Si comincia stasera, poi forse già  l’8 marzo. La sfida continua. Perché, come dice il film più amato da queste parti, «Mosca non crede alle lacrime».

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