Profumo verso la presidenza Monte Paschi
MILANO – Stretta sul futuro assetto del Monte dei Paschi, e convergenza su Alessandro Profumo presidente al posto di Giuseppe Mussari. Mentre la fondazione prima azionista discute con i creditori come ristrutturare debiti per un miliardo – anche cedendo il 15% della banca a terzi – i suoi “grandi elettori” accelerano sulla governance dell’istituto. Comune e Provincia di Siena, che insieme nominano 13 dei 16 membri della Deputazione generale dell’ente, avrebbero dato indicazioni ufficiali di depositare la lista per il nuovo cda entro metà marzo, e la riunione del 16 potrebbe essere decisiva.
In teoria ci sarebbe tempo fino al 2 aprile, visto che ieri un cda della banca ha convocato al 27 aprile l’assemblea che voterà bilancio 2011 e nuovi vertici fino al 2014. Tuttavia gli uomini forti senesi vogliono anticipare i tempi della lista, per evitare illazioni e turbolenze intorno alle nomine e per dare indicazioni forti agli investitori, compresi quelli che opzioneranno il 15% che l’ente deve cedere per ripianare metà dei debiti. L’ex numero uno di Unicredit, fuori banca dall’autunno 2010 dopo avere costruito uno dei maggiori gruppi europei – ed essersi fatto trovare a metà strada dalla crisi, ciò che gli costò il posto – non commenta le voci che vorrebbero già decisa la sua nomina. Ma a Siena molti la danno per fatta, per l’allineamento delle volontà di Franco Ceccuzzi (sindaco del Pd e a lungo segretario locale del partito), Simone Bezzini (presidente della Provincia, del Pd) e Mussari, che ha suggerito Profumo come successore. Meno entusiasmo a riguardo lo mostra il presidente della fondazione Gabriello Mancini, esponente dell’ala cattolica del Pd (ex Margherita) e in scadenza nel 2013. Ma la resistenza di Mancini sembra potere poco, anche perché il suo sodale Alfredo Monaci, presidente di Biverbanca e consigliere di Mps, potrebbe essere consolato con una vice presidenza nel futuro cda. Alla fondazione, che farà lista per sé, spettano infatti metà dei consiglieri, finora 12.
L’altro ostacolo sulla strada della presidenza Profumo si lega al negoziato per vendere il 15% di Mps. Circa 650 milioni di introito secondo i valori di Borsa, che serviranno alla fondazione per ripagare metà dei debiti e mettere da parte le risorse necessarie alle future erogazioni (la banca non promette molti dividendi prossimi venturi). Palazzo Sansedoni si è detta pronta a cedere un 7-8% del pacchetto a clienti della banca, basati tra Milano e Roma e sulla cui identità non è caduto il velo. Poi ci sono le candidature avanzate dai fondi chiusi. Tra questi un posto dovrebbe averlo Clessidra, e forse Apax e Cinven. Più difficile la partita di Equinox, che si è ufficialmente dichiarata. Ma il fondo guidato da Salvatore Mancuso – e che ha in Intesa Sanpaolo il maggior sottoscrittore – si scontra con veti personali. I rapporti tra Profumo e Mancuso infatti sono pessimi, dopo che, tre anni fa, l’ad di Unicredit azzerò il cda del Banco di Sicilia, che Mancuso presiedeva e aveva cercato di nominare in autonomia nonostante il Bds fosse una delle province di Piazza Cordusio ereditate da Capitalia. Ruggini passate ma che ancora fioriscono, tanto che risulta improbabile sia che Equinox voglia diventare azionista di una banca presieduta da Profumo, sia che questi si renda disponibile ad avere Mancuso tra i referenti.
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