Più poteri al premier e meno parlamentari Pronta la riforma

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ROMA — Meno parlamentari (508 a Montecitorio e 254 a Palazzo Madama), fine del bicameralismo paritario, rafforzamento dei poteri del capo del governo che potrà  nominare e revocare i ministri e chiedere lo scioglimento anticipato del Parlamento, introduzione della sfiducia costruttiva, elettorato passivo a 21 anni per la Camera e a 35 per il Senato, corsia preferenziale per i disegni di legge dell’esecutivo che potranno essere approvati in tempi ridotti e soprattutto certi. Si precisa il progetto di riforme istituzionali al quale stanno lavorando i cinque esperti incaricati dai partiti che appoggiano l’esecutivo di Mario Monti e che potrebbe essere discusso in Senato prima del voto amministrativo di primavera.
In attesa del via libera politico, la prima traccia diffusa ieri e messa a punto da Gaetano Quagliariello (Pdl), Luciano Violante (Pd), Ferdinando Adornato (Udc), Italo Bocchino (Fli), Pino Pisicchio (Alleanza per l’Italia) conferma le anticipazioni uscite nelle scorse settimane. 
Ci sono poi alcune novità  per quanto riguarda il processo legislativo, e in particolare le materie di pertinenza di Camera e Senato. L’assemblea di Montecitorio avrà  la «potestà  esclusiva dello Stato», ovvero esaminerà  i disegni di legge i cui temi sono indicati nel secondo comma dell’articolo 117 della Costituzione, e tra di essi, per esempio, politica estera, immigrazione, difesa, moneta, ordine pubblico, istruzione, welfare, ambiente.
A Palazzo Madama verrà  istituita una «Commissione paritetica per le questioni regionali», composta dai presidenti delle assemblee rappresentative delle Regioni e delle Province autonome di Trento e Bolzano, oltre a un equivalente numero di senatori che rispecchi in proporzione gli eletti. Questa commissione dovrà  esprimere un parere obbligatorio sui progetti di legge i cui argomenti sono indicati nel terzo comma del medesimo articolo 117 della Costituzione e che fa riferimento alla cosiddetta «potestà  legislativa concorrente», cioè ripartita tra Stato e Regioni.
L’assegnazione dei disegni di legge a una delle due Camere, secondo questa traccia, sarà  definita «con decisione insindacabile attraverso un’intesa tra i due presidenti», in base ai rispettivi regolamenti. Tuttavia sarà  necessario il via libera di entrambi i rami del Parlamento per leggi in materia costituzionale, elettorale, per la concessione di amnistia e indulto, per la ratifica di trattati internazionali nonché per l’approvazione di bilanci e consuntivi. 
Il governo potrà  avere una corsia privilegiata per i suoi provvedimenti. È infatti previsto che se lo chiede, un testo dovrà  essere esaminato e votato entro un tempo certo. Trascorso tale termine l’esecutivo potrà  ottenere che il provvedimento proposto o condiviso sia approvato articolo per articolo e con votazione finale. Ottenuto il sì di un ramo del Parlamento il progetto verrà  trasmesso all’altra Camera e si intenderà  definitivamente approvato se entro quindici giorni dalla trasmissione non ne venga disposto il «riesame» su proposta di almeno un terzo dei suoi componenti. La Camera che decide di riesaminare il testo deve approvarlo (o respingerlo) entro i trenta giorni successivi alla decisione del riesame. Scaduto questo termine il disegno di legge va considerato definitivamente approvato.


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