by Editore | 27 Marzo 2012 8:36
Controcorrente, senza sponde politiche solide. In decine di posti di lavoro, ogni giorno, si verificano scioperi. Di due o quattro ore, con presìdi e piccoli cortei locali. In attesa della grande occasione dello sciopero generale. La cui data, però, sembra slittare alle porte dell’estate.
Non è semplice la mobilitazione in queste condizioni, ma avviene. Alla Ariston Thermo di Ancona lo sciopero è stato addirittura «unitario», con la Rsu al completo a indire la fermata di fine turno. A Foggia si è invece fermata la Barilla, dimostrando che non solo i metalmeccanici sono attenti al merito delle «riforma» del mercato del lavoro. Con una sorpresa: «l’astensione dal lavoro ha sfiorato il 100%». Obiettivo esplicito: lo svuotamento dell’art. 18 là dove consente che i licenziamenti senza giusta causa per «motivi economici» siano sanzionati soltanto con un indennizzo economico, anziché il «reintegro» sul posto di lavoro.
A Viareggio hanno incrociato le braccia gli addetti alla cantieristica, mentre a Sestri Ponente quelli della Piaggio sono scesi di nuovo in piazza, organizzando un corteo di 500 persone, poi tornato per un presidio davanti ai cancelli.
Ma l’attenzione mediatica, per un giorno, è finita sui dipendenti della Scala di Milano, che hanno programmato lo stop del lavoro per questo sabato, peraltro in coincidenza con la manifestazione nazionale «Occupyamo Piazza Affari». Doppia motivazione, in questo caso: la «riforma» e la sicurezza. Ci sono stati infatti diversi incidenti cui il direttore generale del teatro, Di Freda, avrebbe reagito cercando un capro espiatorio nella «disattenzione» di singoli lavoratori, invece che negli «errori di programmazione e organizzazione». Così rischia di saltare il balletto L’altra metà del cielo, su musiche di Vasco Rossi, previsto per quella data.
Ma anche il mondo dello spettacolo in generale è sul piede di guerra. La Cgil di categoria spiega la proclamazione dello sciopero non solo con l’argomento principe (l’art. 18), ma mette il dito nella piaga della «revisione» operata dal governo sulle partite Iva: «Nel mondo dello spettacolo l’utilizzo di lavoratori a partita Iva è altissimo, nel teatro supera il 60% della forza lavoro. E la sanatoria del governo è per noi una beffa, non risolve il problema. Oggi, ad esempio nel teatro, le stagioni di sei mesi (il limite oltre il quale il governo vorrebbe imporre il passaggio al contratto a tempo indeterminato, ndr) sono una chimera. Anche per questo aderiamo alla sciopero della confederazione e contestiamo il provvedimento del governo».
E oggi si prosegue. Per due ore si fermani i metalmeccanici di Firenze (Nuovo Pignone, Pirelli, Selex Elsag e Selex Galileo, del gruppo Finmeccanica). Tra le richieste, l’aumento della copertura degli ammortizzatori sociali anche verso i precari, il ripristino della mobilità lunga per gli over 50 e la riapertura della partita sui lavori usuranti cancellati dalla riforma delle pensioni.
Stessa situazione nella provincia di Chieti, dove già venerdì c’era stato un corteo con blocco stradale ad Atessa (in prossimità della Fiat di val di Sangro). Mentre a Perugia lo stop sarà di 4 ore e per tutte le categorie, con comizio finale presso la Sala dei Notari. Due ore di stop anche all’Oto Melara di La Spezia, fabbrica «militare», ma non per questo svuotata di attenzione civile e politica. Certo, non si può pensare di andare avanti due mesi così, senza mai dare una spallata più robusta a una situazione che sfiora lo stallo.
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