Napolitano in pressing “Grave se manca accordo”

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ROMA – Il Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, vuole l’accordo sulla riforma del mercato del lavoro. Alla vigilia dell’appuntamento a Palazzo Chigi per quella che comunque sarà  la giornata decisiva del confronto tra governo, sindacati e Confindustria, il presidente della Repubblica ha chiesto alle parti sociali, in particolare ai sindacati, di far prevalere l’interesse generale su quello particolare perché – ha aggiunto, in occasione della commemorazione di Marco Biagi a dieci anni dal suo assassinio – «sarebbe grave la mancanza di un accordo cui le parti diano solidalmente il loro contributo». 
Napolitano ha poi fatto il punto al Quirinale con il premier Mario Monti e il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, prima che quest’ultima convocasse in serata i leader di Cgil, Cisl, Uil e Ugl per provare ad avvicinare le posizioni. Un tentativo non riuscito: è stata raggiunta un’intesa di massima sulla riduzione delle forme contrattuali e sugli ammortizzatori sociali, ma non sull’articolo 18. L’incontro è stato pertanto sospeso intorno a mezzanotte, e riaggiornato a questa mattina. Una giornata convulsa, dunque, quella di ieri durante la quale si sono susseguite una serie di riunioni e tutti i protagonisti sono rimasti costantemente in contatto tra loro. Il momento della decisione è ormai arrivato. «Siamo all’ultimo miglio, sono sicuro che l’accordo sia alla nostra portata», ha detto il ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera.
Il nodo rimane quello dell’articolo 18, dei licenziamenti economici e disciplinari senza giusta causa. L’incognita più grande la posizione della Cgil di Susanna Camusso, tanto più che ieri il Comitato centrale della Fiom ha proclamato per oggi due ore di sciopero a difesa della norma dello Statuto dei Lavoratori. E sulla linea oltranzista fiommina si sono espresse le due importanti categorie del pubblico impiego, Funzione pubblica e scuola. Per domani è già  stato convocato il Direttivo della confederazione.
La giornata è cominciata con un primo vertice, quello tra i tre segretari Camusso, Raffaele Bonanni (Cisl) e Luigi Angeletti (Uil). Due ore di discussione, terminata però con una fumata nera: niente controproposta comune sull’articolo 18 per obbligare il governo a fare un passo indietro. La Cgil ha già  accettato non senza problemi di prevedere la possibilità  che in caso di licenziamenti economici individuali senza giusta causa sia il giudice (il cosiddetto “modello tedesco”) a decidere tra il reintegro e l’indennità  economica. Non diversa, per quanto meno rigida, la linea della Uil di Angeletti. Difficile allora poter far un ulteriore passo sui licenziamenti disciplinari quando non si è certi che al tavolo negoziale, il governo e la Confindustria possano modificare le rispettive posizioni. La soluzione finale è sempre frutto di un delicato equilibrio, per cui se si toglie da una parte, bisogna compensare dall’altra. Anche da qui l’impasse. Che ha portato alla convocazione al ministero del Lavoro per non far fallire l’appuntamento di oggi pomeriggio a Palazzo Chigi. «Tra noi sindacati – ha detto Bonanni – ci sono più accordi che disaccordi». 
Tante le ipotesi tecniche. Il governo ha proposto di mantenere il diritto al reintegro automatico nel posto di lavoro (come prevede l’articolo 18) per i licenziamenti discriminatori (per motivi di sesso, religione, opinioni politiche, ecc) senza giusta causa; ha proposto l’indennizzo per i licenziamenti individuali legati a motivazioni economiche; infine per i licenziamenti disciplinari ha proposto il ricorso al giudice. Un pacchetto che ha il via libera della Confindustria e che, però, ha già  fatto sapere che non è disponibile ad accettare modifiche.


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