Moro, Pinelli e Calabresi: i tre santi di Piazza Fontana nella favola nera di Giordana

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Il film è ispirato dal monumentale volume di Paolo Cucchiarelli, Il segreto di piazza Fontana, dal quale peraltro si discosta in alcuni elementi fondanti. Il segreto che Cucchiarelli, giornalista Ansa, ritiene di aver scoperto dopo anni di ricerche, all’osso è questo: nella sede della Banca nazionale dell’Agricoltura, il 12 dicembre 1969, di bombe ne furono piazzate due. Una, di scarsa potenza e destinata a esplodere a banca chiusa, la avevano effettivamente messa gli anarchici del Circolo XXII marzo, infiltrato e telecomandato dai neofascisti e tramite loro dai servizi segreti. Un’altra, ben più deflagrante, era stata accostata alla prima, all’insaputa di Pietro Valpreda, bombarolo numero uno, dai neofascisti veneti, Franco Freda, Giovanni Ventura, relativa cellula più Guido Giannettini, a libro paga dei servizi.

Il ferroviere anarchico Pino Pinelli, sempre stando alla versione di Cucchiarelli, era al corrente delle attività  dinamitarde su piccola scala di Pietro il ballerino. Per questo lo aveva cacciato dal circolo anarchico Ponte della Ghisolfa, senza però arrivare a denunciarlo. Questo il peso che si portava sulla coscienza quando fu convocato in questura per essere interrogato, ci arrivò sul proprio motorino e ne uscì dalla finestra per schiantarsi sul selciato sottostante.

Rispetto a questa ricostruzione, che sconfina spesso nel molto fantasioso, Giordana “rivede” alcuni particolari non proprio secondari. Mette in dubbio, pur senza negarla risolutamente, la responsabilità  di Valpreda. Forse la bombetta la aveva davvero messa lui, forse però era stato uno dei suoi sosia: ben due, entrambi fascisti e uno, tanto per cambiare, infiltrato nel circolo milanese di Pinelli Ponte della Ghisolfa. Inoltre scarica Pinelli delle responsabilità  attribuitegli da Cucchiarelli, rendendolo il primo dei tre santi protagonisti del film.

Il commissario Luigi Calabresi non solo è del tutto innocente per la morte accidentale dell’anarchico defenestrato, essendo fuori stanza al momento del fattaccio. Resta anche sino all’ultimo all’oscuro di cosa sia successo in quei fatali minuti (nessuno glielo racconta e lui manco lo chiede). Diventa anzi il solo a indagare sul serio sulle bombe sino a rimetterci la pelle. Pur senza dirlo apertamente, Giordana ipotizza che proprio per essersi avvicinato troppo a quella verità  il commissario sia stato eliminato il 17 maggio 1972. Calabresi è il santo numero due, nonché protagonista principale della favola nera.

Il terzo santino è Aldo Moro, vero bersaglio della manovra oscura con la sua smania di sdoganare, come non si sarebbe detto allora, i comunisti. Un lembo di santità  retrospettiva sfiora persino Junio Valerio Borghese: preparava sì il colpo di Stato, ma senza aver nulla a che fare con le bombe, perché “io sono un soldato, mica un macellaio”.

Il film non è mica brutto, gli attori funzionano. Gifuni, nella parte di Moro, tiene botta rispetto a Volonté e non è poco. Il ritmo corre invece di incespicare come nell’atroce La meglio gioventù, e la somma di falsità  storiche produce un risultato in termini di atmosfera storica meno bugiardo di quanto ci si aspetterebbe. A patto di non aspettarsi la verità  su piazza Fontana, e nemmeno qualcosa che ci si avvicini.


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